La sua storia non è quella di una donna comune. Di padre ebreo, è cresciuta da luterana e ha cominciato a girare il mondo come fotoreporter in un periodo in cui la fame era tanta, troppa. Ha fotografato i più grandi protagonisti della seconda metà del ‘900: Hemingway, Picasso, Simone de Beauvoir, Kennedy, Greta Garbo. Una giovinezza vissuta fino in fondo, non esente da difficoltà, aiutata anche da quella bellezza sconvolgente che la rendeva così simile a Audrey Hepburn. Poi l’incontro con Giangiacomo Feltrinelli: l’amore, il matrimonio, l’editoria. Una storia densa di eventi, volti e cultura ad alti livelli ritratta magistralmente in Inge Film di Luca Scarzanella e Simonetta Fiori, che è stato proiettato alla libreria Feltrinelli della nostra città, al termine del quale il regista Ninni Bruschetta ha dialogato con Inge Schoenthal Feltrinelli.
L’incontro con il fondatore di una delle più importanti case editrici d’Italia avvenne a Copenaghen negli anni ’50. Rimase colpita dal suo humour, da quel romanticismo non da cliché che lo rendevano unico. Fu un periodo particolarmente fortunato grazie alla pubblicazione di Dottor Živago di Pasternak e Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Una volta sposati, negli anni ’60, Schoenthal entrò a far parte della casa editrice Feltrinelli in qualità di vicepresidente per i suoi contatti con l’estero. Quelli furono davvero gli anni d’oro: «ogni galleria di Milano sembrava New York. Da lì a poco sarebbero passati da noi Sanguineti, Pasolini, Calvino, autori che poi entrarono nella storia letteraria. Giangiacomo Feltrinelli fu un pluralista cosciente del grande rischio economico che incorreva su ogni scommessa editoriale. Era un cosmopolita senza etichette, parlava perfettamente quattro lingue (cosa assolutamente anomala per i tempi). Era un uomo nuovo nel concetto, che creò le librerie come piccoli templi di cultura. Era un imprenditore moderno, non solo editore, ma protagonista culturale con l’obiettivo di cambiare il mondo in forma troppa utopica. Era un folle, voleva l’impossibile».
Inge Feltrinelli sottolineò, però, come l’attivismo comunista, l’impegno politico, che lo resero sempre più militante con gli anni, lo accerchiarono fino a condurlo a quella misteriosa morte lungo i tralicci di Segrate nel 1972.
La prematura scomparsa del fondatore poneva all’azienda un nuovo inizio, un momento di grande trapasso da un dolore che doveva essere metabolizzato e da una situazione economica che si faceva sempre più complessa: «il vero dolore arrivò dopo. Nostro figlio Carlo diventò un ribelle. Tomas Maldonado, intellettuale argentino, fu la colonna morale della famiglia e della casa editrice. Fu un periodo particolarmente difficile. Le banche non ci davano più soldi e fummo costretti a licenziare venticinque dipendenti. Faticosamente, però, siamo riusciti a rinascere grazie ad un lavoro di gruppo che ci ha portato al successo e ci ha dato la possibilità di investire di più sulle librerie».
Particolarmente significative sono state le sue considerazioni sul ruolo della casa editrice, che deve creare quell’ospitalità permanente, non convenzionale, crocevia di incontri con gli autori volti a saldare un rapporto stretto tra scrittura ed editoria: «il grande editore è colui il quale sa essere un dongiovanni, deve sedurre. Deve possedere passione, efficienza, curiosità e tanta fortuna». Per quanto riguarda il suo ruolo all’interno dell’azienda, invece, si definisce “catalizzatore tra la gente”: «Non mi considero intellettuale. Giangiacomo mi ha reso quello che sono oggi e credo di essere ancora necessaria per la Fondazione. Mi ritengo una stupida ottimista, che non si immagina la morte, perché adotto la politica dello struzzo, rimanendo con la testa sotto la sabbia».
Sul ruolo della scrittura Inge Feltrinelli si è dimostrata una vera sostenitrice anti-marketing, non appoggiando nuove figure come l’agente letterario, che hanno reso tutto troppo facile, piatto, immediato, senza la mediazione della passione per il libro fisico: «siamo nell’era del “troppo”. Solo il rischio ci rende indipendenti. La crisi è della gente perché non funziona niente. Non c’è impulso culturale all’interno delle scuole, i cui programmi sono noiosi e non alimentano né fanno sorgere nuovi lettori». Nella promozione della realtà Feltrinelli messinese, attiva anche a Catania e a Palermo, Inge Schoenthal ha evidenziato come la Sicilia, costituita da posti incantevoli e da protagonisti di elevata cultura (vedi autori come Umberto Eco), sia rimasta sempre la stessa e non si sia messa al passo con i tempi per sfruttare al meglio tutte le sue bellezze.
Possiamo concludere, quindi, il racconto di questo evento particolarmente formativo con le parole emblematiche di F. J. Raddatz su Inge Feltrinelli, donna straordinaria:“Ci sono uomini potenti e famosi. E ci sono le donne di questi uomini potenti e famosi. E poi ci sono le donne che con coraggio, lungimiranza e intuito escono dall’ombra degli uomini potenti e famosi e diventano loro stesse delle istituzioni. Inge Feltrinelli è una di queste donne. E questa è la storia della “Queen of Publishing Business”. (CLARISSA COMUNALE) foto NPS