Il tribunale civile di Messina, in composizione collegiale, ha dato torto alla Provincia di Foggia dei frati Minori Cappuccini, cioè agli eredi di padre Pio, nella causa che si trascinava dal 2009 e che metteva in dubbio la firma su un lascito immobiliare revocato ad Alì Terme. Esce vittoriosa, dunque, Maria Claudia Davì, oggi 51enne, accusata di aver falsificato il testamento redatto dal padre Salvatore, che l’aveva riconosciuta dopo tanti anni. Si era costituito anche Alessandro, fratello di Maria Claudia, ma i due han fatto pace nel corso del processo.
Decisivo il perito di parte, l’architetto Favaloro, che ha messo in crisi il CTU e quello di parte e convinto il tribunale- presidente Caterina Mangano, giudice estensore Corrado Bonanzinga e giudice Viviana Cusolito- ad emettere una sentenza che appare quasi inattaccabile.
E’ stata dichiarata la inammissibilità dell’azione avanzata dai Frati Minori di nullità del testamento per incapacità di chi lo aveva redatto, seppur invalido dopo un tentativo di suicidio . E’ stata rigettata la domanda di nullità per mancanza del requisito dell’olografia del testamento olografo redatto da Salvatore Davì nel 2001. E, fatto concreto, ha dichiarato Maria Claudia Davì erede testamentaria del padre, deceduto nel 2008.
I Frati scuciranno complessivamente circa 20.000 euro, in vero pochi visti i danni biologici subiti da Maria Claudia. Storia di parenti serpenti anzi, fratelli contro. Il devotissimo Vittorio che mette in croce Giuseppe e poi renderà la vita impossibile alla nipote, che non potrà mai far fruttare l’investimento in un B&B nel palazzo di famiglia. Ma anche un contorno affatto chiaro che ruota attorno a un immobile che a San Giovanni Rotondo ritenevano ormai loro. Frati perdenti difesi da Teobaldo Millemaci e la Davì che si è affidata a Giovanni Caruso. (@G.Pensavalli)