di Palmira Mancuso – L’incontro tra l’Arcivescovo Accolla e Tenzin Gyatso, è stato il fulcro della visita del Dalai Lama a Messina: un abbraccio interreligioso per nulla formale, una testimonianza di come i valori spirituali di cui entrambi sono testimoni con le proprie scelte di vita, siano la chiave per rispondere alla chiassosa confusione con cui molti (anche cattolici) hanno sottovalutato o tentato di sminuire la portata politica e sociale dell’evento messinese.
Se Prefetto e istituzioni militari non hanno presenziato all’evento promosso dal Comune di Messina (forse per evitare incidenti diplomatici con la Cina, per la quale ricordiamo che il Dalai Lama è considerato un terrorista ) il messaggio politico più importate e urgente per la contemporaneità, è proprio quello di non usare le religioni per promuovere conflitti. Un messaggio chiaro, potente, che supera le contraddizioni nel cui solco si muove la comunità internazionale che consegna il premio Nobel per la Pace al leader del Tibet e nello stesso tempo fa affari con la più importante potenza economica del pianeta.
Eppure la politica è un pensiero che il cuore e la mente degli uomini trasformano in azione. Ecco quindi che parlare al cuore, nutrire la mente di pensieri di pace, ricondurre ogni individuo alla razza umana a cui appartiene, scegliere la non violenza e il dialogo come arma di rivoluzione personale e collettiva, è una sfida tutt’altro che anacronistica. E basti pensare al drammatico fardello della Corea del Nord e al ricatto di Kim Jong-un da un lato, e a Donald Trump dall’altro, per comprendere le parole del Dalai Lama che ha dichiarato “cosa aspettarsi dai leader mondiali cresciuti in una società in cui il concetto di felicità si fonda su potere e soldi, se le loro menti sono schiave di emotività negativa”.
Ed ecco quindi che il dialogo interreligioso è fondamentale per eliminare i conflitti, senza paura di perdere la propria identità. E’ questo il bel messaggio che l’arcivescovo Accolla, con la sua presenza sorridente e attenta all’ascolto, ha lanciato insieme al Dalai Lama che ha salutato “commosso” ricordando che “la società ha bisogno di modelli credibili dinanzi al disorientamento della vita sociale” e che “i grandi padri della spiritualità sono sempre esempi da seguire, da accogliere e da imitare” sottolinenando che “il dialogo interreligioso è una opportunità di crescita”.
L’intervento di Monsignor Accolla (che è stata la migliore risposta al livello culturale di molte istituzioni cittadine che pure professano il cattolicesimo come strumento di bassa politica) è stato illuminante, tanto che lo stesso Dalai Lama lo ha voluto accanto a se sul palco, chiamandolo più volte “il mio fratello spirituale” e stringendogli spesso la mano, alla ricerca di un contatto sincero e semplice nella sua umanità, un’immagine chiara destinata ad arrivare oltre alle parole di chi magari non è abituato a concentrarsi sull’ascolto delle parole.
Parole di cui scopriamo significati altri, come il concetto di secolarismo che per gli indiani non ha a che vedere con il senso di laicità occidentale, ma al contrario della capacità di accogliere tutte le istanze spirituali, che non possono essere in conflitto. Dunque non un ateismo antireligioso, ma al contrario un esercizio di pacifica coesistenza tra fedi diverse, la formulazione di esso come una filosofia di valori spirituali anziché come una linea politica dello Stato.
“I valori interiori non appartengono solo alla religione, sono dentro ognuno di noi e rappresentano il potenziale di amore e di compassione che abbiamo”, ha detto il Dalai Lama, riprendendo il tema della compassione introdotto dall’arcivescovo Accolla. “Tutte le religioni portano avanti questi valori dell’amore e della compassione. Noi dovremmo utilizzare la nostra intelligenza per espandere l’amore universale includendo tutta l’umanità, anche i nemici”.
La foto in copertina è di Enrico Di Giacomo