“Qui è Estate”: al Teatro dei 3 Mestieri torna il coinvolgente monologo “Lamagara”

Dopo il successo ottenuto nel cartellone invernale, torna al Teatro dei 3 Mestieri di Messina “Lamagara”, nel quinto appuntamento della rassegna “Qui è Estate”.

Questo spettacolo, che sarà in scena giovedì 3 agosto alle ore 21.30, è stato scritto da Emilio Suraci ed Emanuela Bianchi ed è interpretato dalla stessa Emanuela Bianchi.

Il monologo della Bianchi, che nel 2014 ha ottenuto il Premio della Critica GaiaItalia.com al Fringe Festival di Roma, porta alla ribalta un personaggio che non tutti conoscono, quello di Cecilia Faragò, l’ultima strega.

Vedova e madre, la Faragò fu l’ultima donna a essere processata nel Regno di Napoli per stregoneria, e fu graziata dal re. Merito del suo abile avvocato, tale Giuseppe Raffaelli e di un mondo che stava cambiando, in cui si cominciava a mettere in discussione tutto. Ma merito anche di questa donna, rea di essere sensuale, ammaliatrice proprio perché libera, guaritrice per la sua approfondita conoscenza delle piante curative, riluttante ad accettare per dogma qualcosa che veniva indottrinato senza amore, né convincimento.

La rassegna, che ha la direzione artistica di Stefano Cutrupi e la direzione amministrativa di Angelo Di Mattia, si svolge all’aperto nello spazio esterno del teatro che si trova a Tremestieri, S.S. 114 Km 5,600 Via Roccamotore.

Lamagara

Calabria, 1769.Cecilia Faragò è l’ultima fattucchiera processata per stregoneria nel Regno di Napoli. Con lei muoiono i segreti della terra in un luogo del mondo in cui la terra è potere. Chi è la magàra Cecilia? Fata o strega, lucifera, portatrice del sole o della luna, donna infine e prima di tutto. Che si appropria della forza tellurica dal ventre del mondo e ne fa decotto di erbe, credenza, maleficio. Lamagara è la donna che pensa, che guarda troppo avanti, che sospetta, che non crede a niente.

La strega a cui il mondo chiede di nascondere le sue ipocrisie, per poi lapidarla per le sue stesse colpe.

Una microstoria che si affaccia dal passato, un urlo di redenzione da quel mondo di storie disperse che formano la memoria negata del genere femminile.

Profetessa dell’uguaglianza e donna irregolare di un Mediterraneo arcaico, viscerale, erotico, fatto di magismo, superstizione e divinazione, domina la natura aspra della terra, dei suoi frutti, dell’acqua, del fuoco. Notti di luna e profumi arcani di un Sud dell’anima e del corpo raccontano quel fuoco di rabbia che seduce, verità di ogni tempo senza sovrastrutture.

Lamagara mette in scena i luoghi eterni della generazione e dell’eros, della diffusività maternale di vita, morte e reificazione in corpore feminae.

Non un semplice monologo, ma un’interazione di voci della storia,sommerse nell’oblio di un presunto peccato, che si elevano, con il personaggio di Cecilia, verso la luce, a smascherare il doppio volto della verità dell’uomo, le pieghe della sua quotidiana magia.

Un linguaggio denso e terrestre come humus, impastato di un materiale verbale pieno e screziato dove il corpo è utilizzato come strumento della narrazione che coinvolge lo spettatore in una esperienza sensoriale potente, poetica e parossistica. Lo sguardo di Emanuela Bianchi diventa parola, genesi, riscatto di una verità selvaggia, processata dalla storia.

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it