di Gianfranco Pensavalli – Riflessione tardiva sul post Lo Forte, il procuratore capo in pensione da settembre, nel Distretto giudiziario di Messina. La mafia c’è ed agisce in sinergia con Cosa nostra palermitana e catanese e con la ‘ndrangheta. Soprattutto quella della Costa dei Gelsomini, ovvero da Melito Porto Salvo a Siderno, senza asse con la Vallata del Rorbido.
Una contaminazione frutto della particolare conformazione geografica del territorio, controllato da decine di famiglie. E’ quanto si apprende dalla relazione semestrale redatta dalla Direzione Investigativa Antimafia che offre una fotografia della malavita organizzata nel messinese, impegnata principalmente in estorsioni, traffico di stupefacenti, appalti e smaltimento dei rifiuti.
In vero, ci sarebbe anche la droga da acquistare nella Locride e qualche spunto minoritario nella Piana di Gioia Tauro.
Il capo della Squadra Mobile Oliveri ipotizza da tre anni la presenza di una “locale”, seppur in tono minore nel rione cittadino di Mangialupi con risvolti ancora da chiarire.
Alle tradizionali attività illecite si aggiunge ovviamente l’usura. Ma la criminalità organizzata messinese punta soprattutto ad infiltrarsi nel mondo degli appalti, dell’edilizia, dei servizi, dello smaltimento dei rifiuti , e anche dei grossi esercizi commerciali.
Al riguardo, appare significativa l’indagine condotta dalla Polizia di Stato e dall’Arma dei Carabinieri, denominata “Totem”, grazie alla quale è stato individuato un gruppo criminale composto anche da elementi di vertice del clan Galli, dedito al controllo di locali notturni nella riviera nord del capoluogo, dove far confluire e ripulire capitali di illecita provenienza.
Allo stesso tempo, il sodalizio è risultato attivo nella gestione di un forte giro di scommesse illegali raccolte on-line (corse clandestine di cavalli e installazione di video-poker), che venivano poi indirizzate, via internet, su operatori non autorizzati. Questa vocazione imprenditoriale mafiosa dei clan messinesi è stata al centro di diverse attività condotte nel semestre anche dalla D.I.A., che hanno portato a provvedimenti ablativi eseguiti dalla Sezione Operativa di Messina
Come si legge nella relazione, il gruppo al momento, più operativo, strutturato e con un’organizzazione improntata sul modello di cosa nostra palermitana è quello dei “Barcellonesi”, risultato al centro, nell’ultimo decennio, di numerose indagini di polizia e processi ancora in corso, che ne hanno delineato le gerarchie e ricostruito le vicende, anche omicidiarie, finalizzate alla “scalata” di giovani leve – imprevedibili e spregiudicate – verso posizioni di comando.
Mentre la suddivisione territoriale delle consorterie, nel territorio cittadino, può essere ricondotta ad un vero e proprio “piano di lottizzazione” dei vari quartieri. Nella zona sud domina il gruppo criminale Spartà con i suoi affiliati, la zona centrale è invece soggetta al controllo criminale dei gruppi Lo Duca e Ventura, ma anche delle famiglie Aspri, Trischitta e Cutè afferenti al clan Mangialupi, il quale risulta avere i maggiori collegamenti con le organizzazioni criminali ‘ndranghetiste della provincia di Reggio Calabria. Il quartiere Giostra, infine, è dominato dal gruppo Galli, a capo del quale risulta insediato il nipote del vecchio boss, attualmente detenuto.
Come detto, nei Comuni affacciati sul versante tirrenico, appare consolidata l’influenza del sodalizio mafioso “barcellonese”, la cui struttura è pienamente modellata sull’esempio di cosa nostra palermitana. L’organigramma della omonima famiglia con competenze territoriali, si compone di quattro “gruppi” che insistono su altrettante circoscrizioni: gruppo dei barcellonesi, dei Mazzarroti, di Milazzo e di Terme Vigliatore, ciascuno con propri referenti. Il limitrofo comprensorio di Tortorici vede operare le consorterie mafiose dei cosiddetti batanesi e dei tortoriciani ciascuna facente capo a personaggi di indubbio spessore criminale, dedite alla commissione di estorsioni nell’area nebroidea ed al traffico di stupefacenti, con approvvigionamenti provenienti, oltre che dalle consorterie criminali del capoluogo di provincia, anche dalle ‘ndrine calabresi, in particolare dal gruppo Nirta – Strangio di San Luca (RC).
Ai confini con la Provincia di Palermo, i Comuni di Mistretta, Reitano e la relativa zona costiera, sono inquadrati nel “mandamento mafioso di San Mauro Castelverde ”. La cosiddetta “fascia ionica”, che si estende dalla periferia sud della città di Messina, fino al confine con la Provincia di Catania, è invece area di influenza di cosa nostra catanese per il tramite di responsabili locali, ciascuno dei quali è punto di contatto con le maggiori consorterie etnee: i Santapaola – Ercolano, i Laudani ” Mussi i ficurinia” ed i Cappello- Bonaccorsi.
Ancora non chiarita la presenza dei mazzarroti a Sillemi Alta di Letojanni e neppure chi oggi comanda a Taormina e nella Valle dell’Alcantara dopo le vicissitudini del clan Cinturino. Manca, infine, una mappa che ricostruisca fatti legati al traffico di armi.