La notizia dell’annunciata chiusura di Casa Serena porta con se non solo l’indignazione per una città che non riesce a garantire quel minimo necessario all’assistenza dei più deboli, ma sta aprendo uno squarcio nella gestione dei servizi sociali investendo inevitabilmente di critiche anche l’ex assessore Caroniti, che però fa notare come sia stato difficile il suo mandato, visto che, a quanto pare, l’ultima decisione spettava sempre a Buzzanca.
Sarebbe stato meglio prendere le distanze al momento opportuno, ma ugualmente pubblichiamo la “difesa” dell’ex assessore Caroniti, che addebita alle eccessive assunzioni tra Messinambiente e Atm il buco di bilancio e che avrebbe voluto comunque essere interpellato da Croce anche in merito a progetti rimasti “sospesi” e che secondo l’ex amministratore avrebbero consentito di mantenere i livelli di assistenza.
“La decisione del commissario del comune di Messina di chiudere Casa Serena alla scadenza dell’appalto non è una novità degli ultimi giorni – scrive Caroniti – Fin dal suo insediamento aveva dato direttive di non accogliere nuovi ospiti, bloccando già nel mese di settembre un’operazione di trasferimento di dieci disabili mentali da una casa famiglia di Aci Sant’Antonio a Casa Serena. Non avevo subito compreso il perché di un atto che avrebbe comportato un risparmio per l’amministrazione comunale di circa 400 mila euro l’anno, e che non ero riuscito personalmente a portare a compimento a causa della continua rotazione di dirigenti ai servizi sociali (solo nell’ultimo anno se ne sono succeduti ben 4!) imposta dal sindaco Giuseppe Buzzanca e dal suo allora fedelissimo capo di gabinetto Antonio Ruggeri.
In verità – sottolinea caroniti – io non avevo mai avuto ufficialmente la delega agli anziani né alle disabilità, ma mi ero ugualmente interessato di quei problemi che notavo continuassero a rimanere senza soluzione alcuna. Tra questi il contenzioso che si era istaurato da circa un anno tra l’amministrazione e la casa famiglia di Aci Sant’Antonio e il mancato adeguamento alle normative sulla sicurezza della struttura che ha ospitato per anni la casa di riposo comunale Casa Serena. Debbo dire che per entrambi si era ricercata con certosina pazienza una soluzione condivisa, ottenendo dei risultati che allora sembravano soddisfacenti. Nessuno però, dal momento della mia decadenza dalla carica di assessore ad oggi, mi ha mai chiesto che cosa avessi fatto in questi anni e semmai avessi lasciato in sospeso qualche progetto. Evidentemente il dott. Croce ha pensato di avere preso il posto di persone non in grado di amministrare né, tanto meno di, dare consigli, venendo meno a una regola della pubblica amministrazione che vuole che la nuova amministrazione prenda le consegne da quella uscente, garantendo la continuità. In realtà, e debbo dirlo a scapito di quanto dichiarato da Buzzanca al momento delle sue dimissioni da sindaco, il programma riguardante i servizi sociali non si era affatto completato. Erano in sospeso progetti finanziati dalla regione dal governo nazionale e dall’Unione europea per oltre tre milioni di euro (e mi piange il cuore ammettere che sono praticamente rimasti fermi alla data della mia decadenza), era in scadenza l’iter per l’avviamento dei bandi della 328 per 14 milioni di euro, finalmente sbloccati grazie a un paziente lavoro di raccordo con gli uffici della regione, ed erano soprattutto in scadenza gli appalti dei servizi sociali, che garantiscono assistenza a oltre tre mila persone (fra anziani, giovani e disabili) e danno occupazione a circa cinquecento lavoratori. Che i livelli occupazionali andassero rivisti al ribasso c’era quasi un accordo generale, considerati i tempi mutati e le ristrettezze finanziarie, ma si era studiato un sistema, fondato sull’accreditamento, che avrebbe evitato in momenti di crisi di ridurre i livelli di assistenza. Anzi, grazie proprio alla 328, si sarebbero raggiunti livelli ancora più efficaci (ricorderei che Messina, a dispetto di certa diffusa disinformazione, gode di livelli di assistenza praticamente quasi unici in Sicilia e nel sud Italia).
Certamente Casa Serena meritava un ragionamento a parte, perché i costi di gestione erano stati storicamente parametrati alla necessità di fare lavorare quante più persone possibile, senza neppure badare alle reali necessità di una struttura per anziani.A questo si aggiungeva la vetustà della struttura e la necessità di una ristrutturazione e di un adeguamento alle norme sulla sicurezza. A questo proposito, se in una prima fase, nei primi anni dell’amministrazione Buzzanca, si era pensato di risolvere quest’ultimo problema grazie a un mega progetto da fare finanziare all’Unione europea, senza badare che gli eccessivi costi (circa 5 milioni di euro) non erano rapportati in alcun modo alla disponibilità del capitolo di finanziamento dal quale si pensava di attingere, già da un anno si era concordato di non rinnovare l’appalto per come lo si era fatto le volte precedenti. Si voleva invece procedere a un doppio affidamento che avrebbe previsto la ristrutturazione e la gestione, accollando l’onere della ristrutturazione alla cooperativa che avrebbe ricevuto la gestione, la quale avrebbe goduto negli anni successivi di maggiori somme, dovute appunto a pagare gli interventi edili.
Oggi – prosegue Caroniti – sento che il commissario non ha affatto quest’intenzione e che è deciso a procedere con la chiusura della struttura. Il risparmio sarebbe evidente, pagare la retta agli anziani attualmente ospiti di Casa Serena costerebbe molto meno che tenere aperta la struttura. Le scorciatoie sono però spesso pericolose. Si pensi soltanto a una dato. A lavorare per la struttura sono stabilmente oltre cento persone, alle quali si aggiungono quelle che svolgono attività precarie e di sostituzione. La chiusura metterebbe sulla strada più di un centinaio di famiglie. Esse diventerebbero presto utenti del servizio sociale, costituendo da subito un aggravio sociale e anche economico. L’esito peggiore sarebbe però quello degli anziani, i veri utenti del servizio sociale, che transiterebbero da una realtà in cui ogni settimana si svolgevano attività ricreative e di socializzazioni a quelle sale d’aspetto della morte che sono la gran parte delle case di riposo private. È qui che l’aggravio dei costi sarebbe enorme per l’amministrazione perché si tratterebbe di affrontare i nefasti effetti di un intervento non meditato, irrazionale e motivato col metro miope dell’economicità senza avere le conoscenze adeguate per riuscire a realizzare l’economicità stessa.
Si pone poi un secondo problema di giustizia.L’eccessivo carico di stipendi è il vero problema dell’amministrazione comunale di Messina, anche se le ultime assunzioni risalgono ad almeno 7 anni fa. A pagare il conto non possono essere solo alcuni lavoratori a scapito di altri. Già i lavoratori della coop Feluca hanno perso il lavoro. È vero, erano troppi per il servizio che svolgevano, ma non ero i soli! Oggi si parla dei lavoratori di Casa Serena, ma perché dovrebbero pagare loro, quando il buco di bilancio è dovuto alle eccessive assunzioni di Messinaambiente e dell’ATM? Non si tratta di fare una guerra tra lavoratori ma di cercare soluzioni condivise. È difficile farlo con un comune commissariato e durante una campagna elettorale, ma non ci sono altre strade. Messina ha gli strumenti e le professionalità per sopravvivere alla crisi – conclude l’ex assessore – Ha necessità però di quel che finora le è mancato: l’unione delle intelligenze, la fine di una avvilente guerra per il potere, l’amore per il bene comune e un pizzico di speranza.”