Presentavano documentazioni false, spese gonfiate, per ottenere rimborsi dalla Regione Sicilia e dall’Agenzia delle Dogane. A finire ai domiciliari, con l’accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e di truffa in danno di un ente pubblico, il direttore generale dell’Atm di Messina, Claudio Conte, 56 anni e altri quattro funzionari dell’azienda di trasporti messinese, Salvatore Orlando, 59 anni responsabile esercizio gommato, Giuseppe Lampi, 47 anni responsabile dell’ Ufficio CED paghe, Francesco Lisa, 57 anni coordinatore di esercizio e Bartolo Enea, 60 anni coordinatore di esercizio.
Con la dirigenza risultano indagati altri 17 dipendenti dell’ATM, accusati di aver documentato ore di lavoro mai effettuate, percependo indebitamente stipendi e in qualche caso straordinari.
Un’indagine che piomba sull’azienda in un momento delicato per le vicende sindacali che contrappongono i lavoratori alla dirigenza, “decapitata” oggi dall’attività investigativa, avviata nel 2008, da parte del personale del Nucleo Investigativo e del Nucleo Radiomobile del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Messina che ha dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Messina, su richiesta della locale Procura della Repubblica.
I dirigenti dell’Azienda dei Trasporti, secondo quanto accertato dalla Procura, hanno indotto in errore la Regione Siciliana affinché erogasse all’ATM, in misura superiore al dovuto, un contributo pubblico, denominato “contributo d’esercizio” e quantificato in proporzione della percorrenza annuale chilometrica effettuata e di aver indotto in errore l’Agenzia delle Dogane, ottenendo così un rimborso maggiorato dell’accisa sul carburante consumato, quantificato in proporzione della percorrenza annuale chilometrica falsamente attestata.
Dalle complesse attività investigative svolte dai Carabinieri di Messina e dirette dalla Procura della Repubblica, è emerso che, in entrambi i casi, nel periodo 2003-2007 l’ingiusto profitto, così procurato all’Azienda, sarebbe stato utilizzato per pagare alla maggioranza dei dipendenti una serie di emolumenti aggiuntivi, ovvero un numero spropositato di ore di straordinario e l’indennità mensile denominata “premio corse”, in quest’ultimo caso pur senza aver raggiunto in molte circostanze la percentuale di corse effettive rispetto a quelle previste necessaria per averne titolo.
Inoltre, dalle indagini è emerso che la dirigenza avrebbe gonfiato i consuntivi chilometrici, indicando lunghezze delle corse in misura superiore a quella reale, e giustificandosi con l’impossibilità di quantificare con esattezza le percorrenze, dal momento che i contachilometri di diversi mezzi sono rimasti sempre fuori uso, e mai riparati.
Nel procedimento risultano indagate anche altre 17 persone, che prestano o hanno prestato lavoro alle dipendenze dell’ATM.
“Del resto – sottolineano gli inquirenti – l’articolata dinamica fraudolenta posta in luce dalle indagini, per come è apparsa strutturata, ha verosimilmente richiesto la cooperazione di un rilevante numero di dipendenti dell’azienda”.