Non solo quella manovra a pochi metri dalla Torre Piloti, costruita come una palafitta sul mare. Ma anche i mancati controlli sull’efficienza e il corretto funzionamento delle navi.
Si allarga – e coinvolge anche la Capitaneria di Porto di Genova – l’inchiesta bis sull’incidente che coinvolse il cargo Jolly Nero la notte del 7 maggio 2013, provocando – tra le altre – la morte del giovane milazzese Giuseppe Tusa. Perché le responsabilità sulle condizioni in cui viaggiava la motonave dell’armatore Messina, secondo il pm Walter Cotugno, potrebbero ricadere non solo sul Rina, il Registro Navale italiano, deputato all’ispezione delle navi civili, che vede già coinvolti in questo filone tre suoi dipendenti.
I controlli accomodanti ipotizzati dalla procura, coinvolgerebbero anche la Capitaneria di Porto, che si è anche occupata della prima parte dell’inchiesta ora passata alla Guardia di Finanza.Si tratterebbe di “omessa vigilanza”, anche perché chi faceva parte degli investigatori che hanno in prima battuta indagato sull’incidente, era anche tra gli uomini del team dedicato all’ispezione delle navi. Così sono stati iscritti nel registro degli indagati due alti ufficiali, il capitano di fregata Marco Noris – i cui rapporti con un manager della Costa Concordia vennero definiti ‘singolari’ dai Carabinieri che indagavano sull’incidente del Giglio – e il capitano di vascello Antonio Sartorato, che fino al luglio 2015 è stato distaccato al ministero dei Trasporti occupando una posizione nel Sesto Reparto Sicurezza della Navigazione, specializzato proprio nei controlli riguardanti la sicurezza a bordo.
Tutto avrebbe avuto origine dalle dichiarazioni discordanti di Sartorato riguardo il Jolly Nero e cruciali sarebbero le dichiarazioni di Gianluca Donadio, responsabile dell’Ufficio Sicurezza della Navigazione della Capitaneria di Porto di Genova, non indagato, ma anche lui addetto alle ispezioni sulla sicurezza. Secondo quanto riportato da Repubblica, Donadio avrebbe detto davanti al pm: “Facevamo così, lo so che è sbagliato, ma le cose funzionano così… D’altra parte, io devo salvare il mio posto id lavoro”. Nei cinque anni precedenti a quella tragica notte, infatti, sarebbero stati diversi – almeno 9 – i guasti non comunicati dalla compagnia, né denunciati dal Rina e dalla Capitaneria di Porto, chiamata a ‘vidimare’ i documenti prodotti dal Registro Navale. E del resto, come raccontato da ilfattoquotidiano.it, il 7 maggio 2013 a bordo del Jolly Nero i contagiri in plancia erano incrostati einservibili, nonostante sulla checklist di partenza fossero segnati come funzionanti. Da quanto tempo? Rina o Capitaneria ne avevano mai avuto contezza?
Gli accertamenti delle Fiamme gialle, affidati al reparto del colonnello Emilio Flora, starebbero delineando un quadro abbastanza fosco, fatto di certificazioni sospette, controlli superficiali e, “scambi di doni o favori”. Un mondo molto discusso quello delle ispezioni a bordo, che a Genova sta vedendo aprirsiuna crepa. Le navi certificate dal Rina sono state ‘coinvolte’ in almeno quattro occasioni in incidenti e disastri dal 1999 a oggi.Ma per la prima volta, la procura ligure ha deciso di vederci chiaro partendo dalle dichiarazioni di Raffaele Paliotto, un marinaio imbarcato sul Jolly Nero: “Devo dire che non è la prima volta che un motore non parte e non consente di fermare l’abbrivio. Di questo caso si parla perché ci sono stati dei morti ma in molti altri casi è avvenuto anche se non se ne è parlato”, dice agli investigatori quattro giorni dopo l’incidente, ricordando come anche nel 2003 a Marina di Carrara, un’altra nave Jolly avesse avuto un problema simile.
Da lì, è iniziata la delicata ricostruzione degli inquirenti che per quanto riguarda il Rina procedono per “falso in atto pubblico” e ora puntano i fari anche su eventuali responsabilità della Capitaneria. Che nei giorni dell’incidente a Molo Giano era guidata da Felicio Angrisano, in procinto di diventare comandante generale del corpo, poi sostituito dall’ammiraglio Vincenzo Melone, nello scorso novembre subentrato sempre ad Angrisano, ora in pensione, anche al comando generale. (@G.Pensavalli)