«È molto più che rilevante! Laggiù c’è casa nostra, casa, Auto! Ed è in difficoltà! Non posso starmene qui seduto a… far niente, come ho sempre fatto! Come chiunque su questa maledetta nave ha sempre fatto! NIENTE!» Recitava così il Comandante B. McCrea in Wall-e, uno dei film più geniali creati dalla Pixar negli ultimi anni. Il lungometraggio d’animazione racconta la storia di un robottino sopravvissuto alla desertificazione della terra, ormai distrutta dall’inquinamento, che dopo varie peripezie riesce a far tornare in vita un piccolo germoglio e dare quindi nuova linfa vitale al pianeta.
Una metafora neanche troppo velata della situazione che viviamo attualmente sulla questione rifiuti in cui ormai ci si passa la palla per stabilire un colpevole. Un giro di denaro, quello generato da questo settore, in Sicilia da far rabbrividire: circa 800 milioni di euro l’anno che vengono affidati tramite gare d’appalto, spesso semideserte, a ditte private.
Il dubbio che ci siano dietro spartizioni fatte a tavolino per favorire un preciso giro d’affari è diventato praticamente certezza con la pubblicazione della relazione della commissione d’inchiesta che per un anno ha lavorato sulla gestione rifiuti e tutto ciò che ne ruota attorno: politica, pubblica amministrazioni, reparti specializzati.
La previsione della costruzione di 4 mega inceneritori, progetto di Cuffaro del 2002, sicuramente ha posto un grande freno allo sviluppo della raccolta differenziata in Sicilia e, dall’altra parte, la nascita degli Ato ha favorito una meno trasparente gestione del sistema rifiuti. Non è mai stata trovata una conferma a livello processuale della relazione tra il progetto di costruzione di questi impianti, il mondo politico-amministrativo e quello mafioso, ma sono state riscontrate diverse anomalie sia nel bando di gara che durante le successive stipulazioni con i vari Ato. Nel 2007 con l’intervento della Comunità Europea si è messo fine al piano degli inceneritori lasciando spazio al proliferare delle discariche private, anche queste probabilmente finite nelle della criminalità organizzata. Appalti da 30 milioni di euro con un’unica offerta, offerta che si scopriva far capo a una società di proprietà di un qualche politicante di turno, consorzi societari sospesi poiché una delle aziende risultava invischiata con la mafia, ditte da sempre interessate alla gestione del servizio impegnate nel fare un passo indietro senza alcuna apparente motivazione. Un sistema marcio, sostanzialmente, che fa acqua da tutte le parti e che consente di trasformare norme costituite solo per emergenze in routine. Come quella dell’articolo 191, la deroga alle leggi originarie sugli appalti in caso di rischio di emergenza sanitaria che recita: «il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell’ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente». Legge che potrebbe essere attuata per un periodo non superiore ai 18 mesi ma il cui rinnovo viene perpetrato costantemente in diversi comuni della Sicilia.
Una gestione che vacilla ogni giorno di più e per la quale i cittadini pagano e pagheranno le conseguenze per lungo tempo. Come nel caso di Messina, che sta facendo delle corse contro il tempo per riuscire a “modernizzare” il sistema di gestione rifiuti ma che resta costantemente sommersa da cumuli di immondizia ovunque. A dare il colpo di grazia alla terza città più importante siciliana ci pensa l’inciviltà dei cittadini che, non curanti di norme e regole lasciano i propri rifiuti ovunque non facendo altro che aumentare il caos e il degrado. Con l’attivazione della raccolta porta a porta e le nuove regole che entreranno in vigore da giorno 19 si cercherà di dare un nuovo indirizzo a Messina, ma non saranno pochi i cittadini a storcere il naso. Perché, si sa, a volte lamentarsi è molto più facile che reagire.