Birrificio Messina: la favola di 15 eroi (FOTOGALLERY)

C’era una volta la Birra Messina. Per anni sinonimo di orgoglio per la cittadinanza, un vanto trovarla anche fuori dai confini e poter dire “è la nostra!”. Fondata dalla famiglia Lo Presti-Faranda nel lontano 1923, negli anni ’80 diventa di proprietà di colossi internazionali (dapprima Dreher poi Heiniken). Avviene poco prima dell’arrivo del nuovo millennio che il gruppo aziendale decide di impiegare lo stabilimento in riva allo Stretto, esclusivamente, come impianto di imbottigliamento.

NP3C5346 (Copia) (Copia)Poi un giorno accade qualcosa: una vera e propria tragedia si abbatte sulle vite di chi ha speso impegno professionale e passione per quel marchio in cui pulsa il cuore di Messina. E’ così che, sul finire dell’anno 2011, la Triscele inizia ad inviare lettere di licenziamento ai propri dipendenti che, nel giro di qualche anno, si erano visti posti davanti a vari aut aut e speranze accese e poi sfumate.

L’Odissea degli operatori del settore non finisce qui e dopo ulteriori tavoli, promesse, avventi di cavalieri e fate turchine appare chiaro che le uniche mani che avrebbero trovato per venir fuori dal pantano, fossero quelle attaccate alle loro braccia.

Nello sconforto più totale i lavoratori, animati da un forte spirito di coesione e con una profonda unità di intenti, hanno dato battaglia affinchè non si chiudesse lo stabilimento, facendo presidio e manifestando davanti la struttura, anche nella speranza che qualche imprenditore locale si facesse avanti per sostenere la loro causa. Ma tutto tace e il tempo passa nel silenzio più totale. Non si crede nei sogni di questi uomini che non sono disposti a mollare e, anzi, alle volte c’è anche qualcuno che si è permesso di denigrare il loro operato con frasi lanciategli addosso come pietre: Ci dicevano di andare a lavorare o che stavamo perdendo solo tempo”, ci raccontano durante una passeggiata mattutina tra i corridoi dello stabilimento in cui sta prendendo vita quel progetto in cui in tanti vedevano solo utopia.

A sostenere fattivamente questi nostri eroi “Solo pochi assessori in abiti civili oltre ai cittadini”; sono state soprattutto le persone più umili a rimanergli al fianco dando quello che potevano per far constare il proprio supporto, dando vigore per continuare la lotta.

E la svolta arriva proprio grazie a quella forza di coesione dei protagonisti spinti e sostenuti dal popolo, dalla loro comunità. Dalla nostra. Così, nel 2013, nasce la cooperativa “Birrificio Messina” e, chiedendo sostegno alla Regione Sicilia che ha individuato nella zona di Larderia un rudere con il potenziale necessario per diventare il castello, si pongono le basi per ricostruire il regno andato perduto. Le condizioni delle strutture erano in pessime condizioni ma, animati da buona volontà e una tenacia di ferro, i dipendenti si sono fatti carico personalmente della sistemazione dell’area. Per ammortizzare le spese si sono rimboccati le maniche e hanno messo in piedi, tassello per tassello, la loro fortezza.

L’investimento nel suo totale arriverà a una cifra di circa 3.200.000 euro -macchinari compresi- messi insieme grazie al sacrifico del TFR e della mobilità dei 15 protagonisti che hanno messo sul piatto una somma di circa 750.000€ oltre ai prestiti delle banche (UniCredit, Banca Antonello da Messina e Banca SEFEA, e di alcuni enti come LegaCoop, I.R.C.A.C , C.F.I.), la fondazione di Messina, e la partecipazione del socio sovventore, il Cav. Ruggero, che attualmente vive a Milano, ma ha voluto essere loro vicino.

Queste le voci che, unite insieme, hanno dato vita al coro che oggi è pronto ad intonare la propria frizzante musica.

Chiacchierando sotto il caldo sole di luglio, i membri della cooperativa presieduta da Mimmo Sorrenti, ci tengono a fare una menzione speciale: è la cittadinanza ad aver rappresentato il vero motore propulsore. “Ci hanno sostenuti in tutti i modi possibili, ciascuno con le proprie disponibilità. C’era chi portava un pacco di biscotti per i nostri bambini; chi poteva ci offriva piccole somme di denaro, il panettiere ci regalava il pane, il barista portava il caffè”; insomma un esempio di comunità che si stringe attorno ad un progetto, una causa, un sentimento di unione.

E negli occhi di questi lavoratori si legge chiaramente la riconoscenza per i piccoli ma immensi gesti che hanno dato la forza di andare avanti e perseguire quel sogno che a breve diventerà realtà. Il taglio del nastro è previsto per fine luglio, e i primi di agosto potremmo già gustare la nostra e unica birra prodotta nel messinese. Saranno 3 le specialità della produzione: la prima, non a caso, è stata menzionata per prima dai nostri ospiti mentre visitavamo lo stabilimento ed è la “Birra dello Stretto”, riconoscimento dedicato ai cittadini per tutte le dimostrazioni d’affetto pervenute negli anni; la seconda è la “DOC 15”, un nome, un monito per queste 15 persone che hanno dato tutto pur di non darsi per vinti e ripartire; e infine la “Premium dello Stretto”, una birra speciale da mezzo litro.

Un grazie speciale”, continuano ancora menzionando quelli che potremmo definire i coprotagonisti che si sono mossi dietro le quinte di questa favola: “Ci hanno dato una mano anche a fronteggiare i tempi e i modi in cui agisce la burocraziache spesso, si sa, è un pantano dal quale si esce a fatica. Li nominano tutti, dal geometra Gemelli, agli ingegneri Ieni e D’Andrea, il commissario Dottor Scilio; il Dottor Azzonlina che ha curato il business plan e reperito i vari fondi da investire, così come anche e dottoresse Lisa e Romeo che si sono fatte carico degli aspetti sanitari. Ma c’è una figura che hanno definito di “madrina” che non poteva mancare nella nostra favola, l’avvocato Luisa Carrozza, che gratuitamente si è messa al servizio del gruppo.

Prima di lasciarci, questi uomini che hanno parole di gratitudine per tutti coloro i quali li hanno tenuti per mano in questo cammino impervio, con occhi lucidi e voci spezzate ammettono che il loro grazie più grande va alle loro famiglie che “ci sono state sempre vicine, non hanno mai mollato, anche nei momenti più bui. Ma, avendo chiare le idee, sono stati forti con noi e insieme a noi ci hanno sempre creduto. Come sempre accade dietro grandi uomini ci sono grandi famiglie”.

Così si è conclusa la passeggiata tra macchinari e cisterne, tra sogni diventati realtà e storie che vale la pena raccontare. Perchè questa è una favola, è la nostra favola, quella di una città che ancora una volta si identificherà in quel simbolo che per oltre ottant’anni è stato patrimonio e orgoglio di una comunità. Adesso tocca a noi che dovremo essere bravi a sostenere i nostri eroi; stavolta il ringraziamento è per loro che hanno ridato a Messina un pezzo della sua identità.

@MarcoFamiliari

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