“Un mare depredato e violentato tutti i giorni, da chi non ha la sensibilità e la cultura per capire che non è una fonte inesauribile.” Così spiega, il consigliere della VI Circoscrizione, Giuseppe Sanò, l’immane danno all’ecosistema marino che la pesca illegale sta causando, da tempo, nelle acque dello Stretto. Tema caldo, quello in cui l’esponente di Sicilia Futura crede e si batte da anni. Si parla di vere e proprie razzie ad opera di pescherecci provenienti dalla vicina Calabria (Bagnara Calabra, specifica Sanò), che, con estrema tranquillità, si alternano, nel mare della Riserva naturale di Capo Peloro, sottraendosi con facilità a controlli e segnalazioni che giungono, da più parti, regolarmente, alla Capitaneria di Porto di Messina. “Più e più volte abbiamo contattato la Guardia Costiera, chiedendo l’intervento di una motovedetta che potesse raggiungere, in tempo reale, le imbarcazioni che stavano compiendo l’ennesimo scempio sotto gli occhi di tutti. Più e più volte, la risposta è stata evasiva e di interventi non ce ne sono stati, permettendo a pescatori senza scrupoli di infrangere la legge e di contribuire al depauperamento di flora e fauna marine.”
Il problema è più grave di quel che sembra. Sicuramente, avvistare un peschereccio con le reti a mare potrà, agli occhi dei più, apparire come un’immagine caratteristica e suggestiva. La realtà è ben diversa. Quello che, effettivamente, si sta consumando nei fondali, nello stesso momento in cui viene avvistata un’imbarcazione di quel tipo, è un illecito, un furto al nostro mare, ad un intero borgo di pescatori e a noi tutti. Diverse sono le specie marine che, ormai, vivono solo nei ricordi dei pescatori più anziani. Per arginare il problema, cercando di risolverlo alla radice, Sanò si è fatto promotore di un Progetto, presentato alla Regione, per la richiesta di un finanziamento nell’ambito dei FEP – Fondi europei per la Pesca (ma il bando non è ancora stato emesso).
Il focus del piano, messo in piedi da Guido Beltrami (professionista di Ferrara, già progettista di interventi analoghi in tutta Italia) e dall’architetto Francesco Falcone (responsabile del progetto), prevede l’installazione, tra Capo Peloro e Mortelle, di “moduli di ripopolamento”, ovvero di strutture “eco-friendly” ad uncino – che permetterebbero di bloccare le reti degli abusivi, senza provocare danno alle altre imbarcazioni – e, contemporaneamente, dei cosiddetti “reef”, costruzioni che favorirebbero l’attecchimento, peraltro in tempi rapidissimi (si parla di poche settimane, anche alla luce dei risultati conseguiti in altre zone d’Italia), di microrganismi e specie varie, che tornerebbero, quindi, a popolare l’ambiente marino.
“Quello che chiediamo – spiega Sanò – è la giusta attenzione ad un problema che, purtroppo, è stato sempre sottovalutato. I predatori sono sempre riusciti a farla franca, forse grazie anche a qualche “segnalatore” che, in tempo reale, riesce ad avvertirli della partenza di una motovedetta per un controllo imminente. Nel momento in cui, infatti, il mezzo della Capitaneria lascia il porto, il peschereccio allertato ha tutto il tempo di ritornare, indisturbato, sulla costa calabrese ed eludere, in tal modo, qualsiasi tipo di ispezione. Potrebbe essere risolutiva la presenza permanente di una motovedetta della Guardia Costiera nel tratto interessato dalla pesca illegale. Nell’attesa che il Progetto possa essere realizzato – conclude il consigliere – confidiamo nell’ennesimo appello che rivolgiamo alla Capitaneria di Porto”.