Cesare Lievi offre Alcesti di Euripide per il 52° ciclo di rappresentazioni classiche al Teatro Greco di Siracusa.
Va in scena il non dramma: certo, il carattere dell’opera la porta ad esser considerata una tragedia semicomica. Ma sono in tanti a reputare Alcesti una vera e propria tragedia -seppur con un lieto fine- per il modo in cui la protagonista offre la sua vita a Thanatos, pur di salvare il marito Admeto.
La regia di Gabriele Lievi personalizza senza snaturare l’opera, a beneficio degli estimatori e dei puristi: la scena si apre su un rito funebre con tanto di banda musicale, feretro portato a spalla, sacerdoti e una lunga processione di uomini e donne dal capo coperto in pieno stile meridionale, come a voler descrivere un funerale di Alcesti in terra sicula.
La scena, si svolge alla reggia del re Admeto dove Thanatos, dio della morte, interpretato da Pietro Montandon, incontra Apollo –Massimo Nicolini- , adornato da vesti dorate e con in spalla arco e faretra.
Il dio, figlio di Zeus chiarisce che, a causa d’una lite con il padre, è stato punito e costretto a servire il mortale Admeto con cui, però, si è instaurato un rapporto di amicizia. L’affectio è tale che Apollo lo sottrae alla morte ingannando le Moire, a condizione che qualcuno si sacrifichi per lui. Nessuno è però disposto a donare la propria vita per Admeto -interpretato da Danilo Nigrelli- , neppure suo padre Feréte -un acclamatissimo Paolo Graziosi- il quale argomenta che la vita sia un bene assoluto non barattabile, nonostante nell’antica Grecia fosse un vanto morire da vecchio, e quindi senza aver perso in battaglia. Solo la moglie Alcesti -un’applauditissima Galatea Ranzi- accetterà di concedersi al posto del consorte, facendosi promettere che alla sua dipartita egli non prenderà un’altra moglie e si curerà dei loro figli.
Scendendo dalla pedana centrale, l’ancella vestita di rosso -Ludovica Modugno- annuncia con commozione che la sua padrona è pronta a morire: ecco dunque che per Alcesti è tempo di pronunciare le sue ultime parole, salutare la luce del sole, compiangere se stessa, accusare i suoceri che egoisticamente non hanno voluto sacrificarsi, consolare il marito e i figli -interpretati da Tancredi Di Marco e Mirea Bramante- e infine abbandonarsi al sonno eterno.
Intanto, a palazzo giunge Eracle, interpretato da Stefano Santospago, apprezzato dal Teatro con svariati applausi anche durante la scena, chiedendo ospitalità all’amico Admeto -in epoca classica l’ospitalità era sacra-, cosi il re omette la morte della moglie Alcesti e racconta semplicemente che è morta una donna e si stanno preparando i funerali. Eracle, ignaro di tutto, banchetta e festeggia con i servi, ma uno di loro -interpreto da Sergio Mancinelli- si lamenta del comportamento dell’ eroe che non mostra alcun riguardo per lo status di lutto della famiglia ospitante. Il servo dunque racconta la verità ad Eracle il quale, dispiaciuto e risentito, si reca nell’Ade per trovare Alcesti, e riportarla indietro.
Così l’opera di Euripide si avvicina all’epilogo: il ritorno di Eracle in compagnia di una donna velata che, inizialmente, dirà d’aver vinto ai giochi pubblici. Dopo l’iniziale reticenza, Admeto ritroverà in lei la defunta moglie costretta a tre giorni di silenzio ancora prima di tornare alla normalità che quel gesto rivoluzionario -per i tempi-, ossia il sacrificio della propria vita per un’altra persona, le aveva inibito. E mentre l’opera va a concludersi, il pubblico del Teatro Greco di Siracusa accompagna con ovazioni e calorosissimi applausi l’uscita di scena degli attori.