Il rincaro della benzina non doveva sembrare un problema a quei dipendenti della raffineria mamertina che facevano il pieno direttamente delle riserve della struttura, non sborsando neppure un centesimo. In tutto 30, alcuni anche legati a posizioni di alto livello, i nomi finiti nel registro degli indagati della task force costituita dalla procura di Barcellona e dalla Guardia di Finanza della stessa Milazzo. Le accuse sono già di partenza gravi e rischiano di diventarlo maggiormente col tempo perché vi sono ancora possibili risvolti giudiziari.
Partendo infatti dal Furto aggravato si potrebbe arrivare a Frode allo Stato perché per la benzina sottratta non si erano ancora pagate le accise, scattanti appena il prezioso quanto inquinante liquido esce dagli stabilimenti. Certo a favore dei colpevoli v’è l’attenuante riguardante l’uso esclusivamente “familiare” che facevano della refurtiva: riempire i serbatoi delle proprie vettura come di quelle dei parenti più prossimi. Un’attenuante non da poco dato che un commercio illegale di carburante a scopo di lucro è per la legge italiana un reato gravissimo. La pratica pare fosse risaputa da tempo e nata in decenni in cui qualcuno era disposto a chiudere un occhio o addirittura due. Invece la crisi economica attuale ed i maggiori rendiconti da fare allo stato ed ai fornitori hanno impedito il proseguimento di quella che forse era quasi una tradizione consolidata.
Così, notando uno scarto tra il prodotto raffinato e conservato nelle botti e quello riconsegnato alle petroliere, la stessa amministrazione interna chiese mesi fa di avviare delle indagini, affidate al Procuratore della Repubblica di Barcellona Fabio Sozio. Forse i dipendenti incriminati speravano che le quantità ridotte (ma frequenti) sottratte potessero passare inosservate perché dopotutto non superavano mai i 10 litri, in pratica una tanica. Ma una tanica ciascuno rendeva l’ammanco visibile ed a nulla era servito un primo arresto, mesi fa, con tanto di licenziamento.
Gli ammanchi continuavano e la Guardia di Finanza ha potuto monitorare i serbatoi “irregolari” con riprese a circuito chiuso utili ad avere nel giro di pochi mesi tutti i visi e da qualche giorno anche i primi nomi. Infatti le riprese sono ancora al vaglio e le identificazioni in atto. Tutte le inconsapevoli comparse dovranno spiegare eventuali collegamenti tra i prelievi e le attività lavorative regolari. In caso di mancanza di giustificazioni, come per due di loro colti fisicamente sul fatto, verrà avviata da parte dell’azienda la pratica di licenziamento.