Andiamo per gradi. Che occupare una scuola sia illegale è un fatto e non c’è bisogno di aprire un dibattito in merito, per arrivare alla verità rivelata. Ci sono una serie di reati che vengono commessi da chi decide scientemente di bloccare le attività amministrative e didattiche tra cui, per l’appunto, l’interruzione di pubblico ufficio. D’altra parte è vero anche che di ragioni per protestare gli studenti italiani ne hanno e ne avrebbero a bizzeffe.
In primis dovrebbero rivoltarsi contro chi nega loro il futuro. Un futuro che, in realtà, a tutti noi viene negato ormai da tempo. Niente prospettive, livelli di preparazione insufficienti, mancanza assoluta di strumenti per competere con i coetanei del resto del mondo occidentale (e spesso non solo). Fatte queste dovute premesse, un po’ di populismo da over18 me lo si conceda – del resto pensavo le stesse cose anche quando ero una liceale -: perché diamine reiterare questa patetica messinscena ogni anno a ridosso del periodo natalizio? Sì ragazzi, è una ridicola commedia quella che portate sul palco ogni autunno. Si comincia con le manifestazioni del venerdì mattina (poi il sabato si fa ponte): partenza Piazza Antonello e arrivo in Piazza Unione Europea. Megafoni in mano e i leader poco più che bambini urlano la pretesa dei diritti negati. Entro una settimana si passa alle assemblee autogestite, si organizzano i briefing tra direttivi dei diversi istituti e, a pioggia, dopo la prima scuola anche le altre occupano o entrano in cosiddetta autogestione. Quando gli alberi di Natale sono addobbati e si avvicina la Vigilia, c’è sempre meno gente all’interno degli edifici e, all‘ennesima visita della Digos, gli ispettori trovano più o meno il deserto e lo sgombero viene da sè. Se poi non arrivano gli agenti a buttarli fuori, sono gli stessi studenti a chiudere porte e finestre e riconsegnare le chiavi al dirigente scolastico: del resto si sa, Babbo Natale i regali li recapita solo a casa, e non vale la pena perdere le buone abitudini festive per i diritti. Emmm, quali diritti? Nel frattempo ce li siamo scordati. Li abbiamo dimenticati ogni singolo anno a ridosso della Santa Festa dicembrina, anche perché a gennaio sono altre le cose a cui pensare: la gita (che-se-non-ti-comporti-bene-il-preside-la-annulla), le interrogazioni (altrimenti-perdi-l’anno-e-con-esso-anche-motorino-e-vacanza-con-gli-amici-che-i-tuoi-ti-hanno-promesso-se-non-lasci-debiti). Quei principi fondamentali diventano argomento da ficcare in un cassetto e ritirare fuori, all’occorrenza, il prossimo anno.
Mi spiace ragazzi ma è così da sempre e potete raccontare a chi vi pare che le cose stanno diversamente, che è il diritto allo studio quello che davvero vi preme, che sono le ingiustizie del Governo ladro che davvero non tollerate, che sono le aule fatiscenti e gli insegnanti poco preparati ad indignarvi, le riforme di questo o quel ministro e i finanziamenti alle scuole private, il numero chiuso di certe facoltà e chi più ne ha più ne metta. Ma, guardiamoci negli occhi, parliamo la stessa lingua, sono dalla vostra parte e sono stata al vostro posto in un passato non troppo remoto: sono gigantesche cazzate. Intendiamoci, non è questo il pulpito dal quale vi sentirete dire che sbagliate. Fate bene a voler prendere in mano la situazione e rendere le scuole più a misura vostra, ma con la rivendicazione dei diritti superiori non c’entra un tubo questo. L’ideale sarebbe una gestione condivisa con il corpo docenti per usare il tempo in modo più vicino alle vostre esigenze. Ma occupare, vi piaccia o meno, è illegale. E anche se non dovrei dirlo, capisco il fatto siate “affezionati” a questa sorta di tradizione che si ripete con ciclicità, ma ciò non toglie che se davvero qualcuno di voi ha pensato anche solo per un istante fosse un buon modo per protestare, ha sbagliato. Tutti gli altri (quelli che sanno bene che non lo è) sbagliano, invece, a pensare di poter dare a bere sia così. Anche se non vi piace lo si affermi, “è un’abitudine” ed è per questo che lo si fa. Le proteste non c’entrano. Anche perché siete inevitabilmente consci del fatto che standovene chiusi dentro quattro mura non vi sente né vede nessuno. Dov’è la protesta? Dunque fareste meglio a discutere con i vostri dirigenti scolastici la possibilità di rivedere la gestione delle ore trascorse all’interno delle aule, sommando ai normali moduli di attività di studio, momenti di incontro, di confronto, di sviluppo di progetti. Insomma, non devo certo essere io a darvi suggerimenti, sapete bene voi cosa proporre; voi che contestate il modus operandi di chi “dall’alto della propria posizione, abusa della sua professione per generare terrore psicologico e caos tra gli studenti, specie tra le classi del ginnasio”, minacciando di denunce e sgombero. Queste testuali sono le parole scritte dei ragazzi del La Farina che fino all’alba di ieri mattina stavano barricati dentro il liceo. Ma cosa pensate, che un insegnante debba dirvi “fate bene! Vi do una mano ad infrangere la legge?” Questi signori, sottopagati e certamente non meritatamente valorizzati dal sistema che voi contestate, hanno la responsabilità vostra e dei vostri intelletti. Lungi da me asserire che i docenti siano tutti buoni, bravi e simpatici. Giammai! Ma non sono neanche tutti orchi malefici che sfruttano la propria condizione per sfogare le frustrazioni della vita sui poveri discenti incolpevoli. Sono uomini e donne, fallibili, tutti diversi, alcuni simpatici altri odiosi, certi straordinari, altri al limite del sadismo, ma tutti sono accomunati da un fattore: la responsabilità che hanno verso le vostre personcine. E forse neanche voi, ai loro occhi, siete così brillanti e simpatici come pensate. Ma non cambia il fatto che devono curarvi e tutelarvi.
Avete avanzato le vostre richieste: “rivendichiamo il diritto all’occupazione, come forma di protesta a nostro parere più adatta contro un sistema iniquo che da anni non fa altro che tagliare i fondi all’istruzione per investire in grandi opere superflue (TAV), ordigni guerreschi (F35) e operazioni belliche”, perché non metterci dentro anche la lotta all’Isis e la memoria del genocidio armeno, le accise sulla benzina e il potere dispotico dell’accademia della Crusca che impone le sue regole sulla lingua italiana?
“Ci schieriamo contro la riforma buona scuola che favorisce la privatizzazione delle scuole pubbliche – aridaje: questo è punto di contestazione intatto dal 1995 – e l’alternanza scuola-lavoro, “ottima soluzione” per fornire manodopera gratuita alle grandi aziende, cosa che sottrae ogni possibilità di impiego a molti lavoratori attualmente disoccupati”. Stop! Ma che diamine state dicendo?
“L’occupazione per noi è anche un momento di crescita collettiva nella quale cerchiamo di sviluppare la coscienza politica di ogni studente, cosa che durante l’orario scolastico non avviene”, anche perché se avvenisse (e talvolta avviene,in malo modo, purtroppo!) urlereste allo scandalo, alla strumentalizzazione, alla circonvenzione di minore, al tentativo di politicizzare le coscienze vergini degli adolescenti (come se fosse una colpa). E se non ve ne lamentaste voi, lo farebbero i vostri genitori. “Non scenderemo a patti con chi tenta di sopprimere il nostro movimento di protesta che, sottolineiamo, non è un caso isolato, ma espressione di un disagio sentito da tutta la popolazione studentesca italiana”. Ah no? Dunque lo spauracchio di viaggi studio disdetti, bocciature e punizioni non vi preoccupa e farete comunque fronte comune contro chi vi ruba i diritti?
Benissimo, allora miei giovani amici, fatevelo dire da una che pensa che le autogestioni (pomeridiane e nel week end) dovrebbero rientrare nella normalità, che l’occupazione sia un momento di crescita e di aggregazione importante per i ragazzi e che reputa la formazione politica studentesca un bene imprescindibile per lo sviluppo dell’individuo e quella che chiamo “la stagione delle proteste” un tassello prezioso nel bagaglio esperienziale di un adolescente: ci vediamo sabato pomeriggio o domenica mattina in giro per la città a fare opera di sensibilizzazione rispetto ai problemi della scuola; ci incontriamo davanti ai palazzi istituzionali per chiedere l’intervento di tutte le forze politiche in grado di dare eco alla vostra voce. Facciamolo insieme e facciamolo ogni fine settimana da adesso finché le istanze non saranno accolte.Io ci sono! Coinvolgete la comunità messinese, partecipate i vostri genitori e, nei limiti del possibile, i vostri insegnanti; fate rete con altri ragazzi di altre città; create un network; condividete il percorso e dimostrate la serietà delle intenzioni. Il vostro male è il male di tutti, il vostro disagio condiviso. Facciamo squadra e lottiamo insieme.
Dopodicchè, per mettere toppe a quello che non vi piace esistono gli organi competenti: in sede di consiglio potete chiedere di affrontare approfondimenti trasversali, adottare testi alternativi per avere visioni d’insieme e non faziose della storia e della filosofia, organizzare forum e confronti invitando personaggi (anche istituzioni) a cui chiedere conto o chiarimenti con il beneplacito del corpo docenti e dei vostri dirigenti. Se invece l’obiettivo è bivaccare e perdere tempo, flirtare al buio di un’aula e fumare quattro canne (habitus che, mi corre l’obbligo di dire, è ancora illegale, per quanto non ne condivida personalmente la natura illecita), avrete comunque messo da canto un’esperienza importante ma non potrete permettervi di chiedere una considerazione alta, non potrete ritenervi credibili e pensare di poter godere di quel diritto che solo gli onesti possono reclamare. Perchè per protestare bisogna avere un fine, non solo compiacersi dello strumento. Se a ridosso del Natale metterete in stand by ogni forma di protesta, ingoierete ogni reclamo, riprendendoli a novembre dell’anno prossimo, non vi indignate perché giustamente non vi si prende sul serio. Questo vi meritate. Questo ci meritiamo tutti ogni volta che ci lamentiamo restando con le mani in mano. Non mi si fraintenda, so bene io per prima che tra i tanti giovani che organizzano manifestazioni e tavoli di confronto ci sono menti brillanti e idealisti convinti il cui contributo per una vera buona scuola è essenziale, proprio per questo il concetto di una co-gestione va oltre la mera provocazione ma dovrebbe invece costituire, a mio avviso, un’opportunità per migliorare davvero questa nostra scuola che di buono, ad ora, ha veramente pochissimo.
Detto questo, buon Natale a voi giovani Ernesto ed Eva del vischio.
(Mi si passi la licenza ironica, trasversale: ) Hasta Navidad…siempre, descamisados!