di Saro Visicaro – Il 24 novembre del 2000 l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi arrivò a Messina in elicottero in occasione del centenario di Gaetano Martino.
Dopo la discesa sul cacciatorpediniere della Marina Militare il capo dello Stato fece visita all’Università e al Comune prima di inaugurare il tristissimo monumento di Martino edificato accanto al palazzo municipale.
Quelli erano i giorni nei quali il Comitato La Nostra Città aveva mobilitato migliaia di cittadini per chiedere la chiusura della Rada S. Francesco. Il sette novembre infatti si era svolto davanti ai cancelli di Palazzo Zanca un riuscitissimo sit-in assieme a centinaia di studenti. Quello stesso giorno fu anche lanciata e avviata la campagna delle lenzuola con la scritta Fuori i TIR dalla città esposti in moltissimi balconi.
L’occasione della visita del presidente della Repubblica era troppo importante per lasciarsela sfuggire. Ed infatti venne organizzata una indimenticabile manifestazione attorno a quel monumento presidiato e militarizzato già alle prime luci dell’alba. L’imponente cordone armato venne però beffato da decine di palloncini e di aste che, come per miracolo, fecero alzare sopra gli elmetti le lenzuola con la scritta storica FUORI i TIR. I cori e fischi fecero il resto.
Ad un inviperito e imbarazzato Calarco fu quasi impossibile pronunziare il suo discorso mentre il questore Zannini Querini gridava e gesticolava come un ossesso.
Perché questo ricordo? Due motivi. Allora eravamo sulla buona strada per eliminare il transito dei tir dal centro di Messina e restituire l’affaccio a mare all’uso comune. Oggi, invece, dobbiamo registrare che abbiamo perso, dopo quindici anni, una battaglia quasi vinta e dobbiamo anche assistere allo smantellamento delle Ferrovie Italiane. Un gruppo di società pubbliche che oggi fatturano 8,39 miliardi e che si ritrovano il vertice arrestato per corruzione. Quello stesso Lo Bosco che, proprio nello Stretto di Messina, da presidente dell’Autorità Portuale, contribuì a rafforzare il monopolio privato dei traghettatori affossando sempre di più proprio quella RFI che sarebbe andato a dirigere subito dopo.
Si potrebbero elencare le colpe, le responsabilità della classe politica locale e nazionale. Non solo di quella che governava e amministrava in quegli anni. Ma non si può tacere di una certa società, dalla faccia in apparenza pulita, impastata con il potere e pronta a diventare essa stessa potere in nome e per conto di quelli che hanno prodotto lo sfascio.
Oggi assistiamo ad una tale mancanza di coesione sociale dentro la quale chi può e chi vuole sguazza a piacimento. E non è certo un caso che i problemi storici di questa città rimangono, ancora, esattamente gli stessi di quindici anni fa.
“E’ inutile chiedersi dove andremo a finire, tanto ci siamo già”, disse Ennio Flaiano.