Ponte sullo Stretto. Renzi come Frankenstein junior: “si può fare…però”, risolviamo prima la questione meridionale

La realtà è che si tratta di una “non notizia”, perché i messinesi di Ponte (quello con la P maiuscola) hanno sentito parlare da tanto di quel tempo che, ormai, i messaggini lanciati su questo tema dalla classe politica non fanno neppure più rumore. Cadono nel vuoto, mischiandosi a tutte le altre miriadi di storielle che vengono raccontate dai tempi in cui si coniò la locuzione “questione meridionale”, una “questione” aperta, spalancata, ossia irrisolta da quasi centocinquant’anni.

Ok, diciamolo, tanto ormai si sa: il premier ha affermato che “si farà!”. Sì, il Ponte sullo Stretto, diventerà una realtà. Anzi, di più: “sarà un altro bellissimo simbolo dell’Italia”. Matteo Renzi è un ottimo collezionista di supercazzole e frasi ad effetto e non è stato da meno in questa occasione. Quale? Quella della presentazione del libro di Bruno Vespa, dominus del salotto della terza Camera.

Si chiama Donne d’Italia la fatica letteraria del giornalista Rai. E proprio un commento su questo libro ha riportato in auge il botta e risposta tra l’ex amministratore di Firenze e il senatore dissidente Corradino Mineo che lo aveva attaccato dichiarando sia “subalterno” ad una non meglio (?) identificata figura femminea, poi palesatasi (senza sorpresa) nel nome di Maria Elena Boschi. Per arcane ragioni (e lo dico da donna) qualcuno ha gridato al sessismo, pretendendo le scuse del parlamentare eletto sotto le effigi di Sel. Il solito fumo negli occhi!

Torniamo al Ponte perché, tra una scemenza e l’altra, è questa la più grossa. In meno di un trimestre gli alleati di Governo, ossia quel mix di “sauri e ope“-per dirla alla messinese- che costituisce l’esecutivo a marchio Matteo-Angelino, si sono espressi sul tema, si sono smentiti e hanno smentito la smentita.

Il primo passo è stato quello di Alfano che, forse subodorando possibili rischi d’elezioni in Sicilia, ha fatto il saltone in avanti e rimesso la questione sul piatto. Ma alle infrastrutture non c’è più il “suo” Maurizio Lupi -trombato per un orologio (?)- e Delrio ci ha messo un attimo a ribadire che non è una “priorità di questo Governo”.

Renzi -che scemo non è-, da parte sua, ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte perché si sa, se elezioni saranno, dovrà difendersi anche il Pd, sia con una fetta di elettorato che con l’altra (le cosiddette “diverse anime” del partito si concretizzano anche nei diversissimi umori dei loro supporters, ovviamente).

“Il Ponte si fa ma…”: e di solito tutto quello che precede la congiunzione avversativa non andrebbe considerato perché, per definizione, sta per arrivare qualcosa in netta opposizione con quanto appena affermato. Quel che segue il “ma” è ancora più interessante. “Prima della grande infrastruttura, investiamo 2 miliardi in 5 anni in Sicilia per strade e ferrovie, ma bisogna spenderli in modo pulito perché occorre ancora disintegrare e disinfettare”. Stando alle tempistiche fino ad ora seguite, potremmo dare per buona l’interpretazione data da Santelli (Forza Italia) che ha opportunamente tradotto le parole del premier con un: “significa che non si farà”. In fondo, come già detto, è trascorso quasi un secolo e mezzo da quando l’allora deputato radicale Antonio Billia puntò i fari sulla situazione del sud Italia, evidenziando quanto necessari fossero interventi importanti per ridurre il divario tra Settentrione e Meridione.

La “questione”, per l’appunto, è oggi più che mai aperta e, giacchè ci manca dall’acqua fino al sale (soprattutto l’acqua), è verosimile che tra centocinquantanni, se il trend non cambia, un nuovo Renzi (o Berlusconi, o Alfano, o Rutelli, o chi pare a voi, tanto questo è un cavallo che, all’occorrenza, hanno cavalcato tutti da destra a sinistra) farà il medesimo annuncio alla Frankenstein junior. Perché anche allora al “si può fare”, temiamo, dovrà seguire il bisogno, in primis, di portare “a norma” l’Isola, mettendo mano a  quella famosa “questione” che, nel frattempo, avrà compiuto 300 anni! Tanto c’è tempo.

E  intanto la Sicilia frana, è a secco e molte delle sue zone conoscono bene l’isolamento e l’essere letteralmente dimenticate, se non da Dio, certamente da Palermo e Roma.

Insomma, siamo sempre lì: l’ “isolitudine” ancor non ci abbandona!

(@Eleonora.Urzì)

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