Ci voleva un Macho per restituire allo Stretto la centralità euromediterranea, in una mescolanza di culture e segni dell’arte contemporanea che hanno trovato una preziosa collocazione nella Torre degli Inglesi. Visitabile da Martedì al Sabato, fino al 31 agosto, dalle ore 16 – 20, l’inaugurazione di questo spazio espositivo ha dato il via alla tredicesima edizione dell’ Horcynus Festival, quest’anno dedicato al centenario del genocidio armeno.
I luoghi della memoria e del mito hanno raccolto le manifestazioni contemporanee della cultura armena, nell’ottica di superare l’indifferenza, quella “palude” di cui parlava Gramsci a proposito del “peso morto della storia”. E a parlare di un popolo vivo, che oggi si trova a combattere politicamente persino un assurdo negazionismo, sono stati gli artisti introdotti da Martina Corgnati che ha sviluppato un percorso di ricerca secondo varie forme d’arte, dalla fotografia al cinema.
Visibilmente emozionato e commosso l’ambasciatore della Repubblica Armena Sargis Ghazaryan, che nel ringraziare Gaetano Giunta e la Fondazione Horcynus Orca per l’amicizia dimostrata al popolo armeno, ha sottolineato in un vibrante intervento come: “la nostra e’ memoria prescrittiva, noi abbiamo l’obbligo di agire e denunciare i genocidi che non sono storia ma cronaca”.
A sancire questo legame con Messina anche il gesto simbolico di piantare un albero di melograno, che ha trovato posto tra la vegetazione mediterranea del Parco.
A chiudere la serata in un’atmosfera di pace e raffinata poesia, il concerto dell’Ensemble dello Stretto per l’Armenia diretta dal maestro Maurizio Salemi, con una straordinaria orchestra formata dagli archi della Sinfonietta Messina, con Giancarlo Parisi al flauto, Antonio Blanco alla chitarra, Carmelo Colajanni al clarinetto e al duduk e Giorgio Rizzo alle percussioni, che ha regalato al numeroso pubblico presente un viaggio fino alle origini della musica armena. Una prima parte dall’ascolto più difficile, con l’esecuzione dell’Armenian Suite del compositore Jeff Monookian, seguita da una seconda dedicata alle musiche più popolari, arrangiate dal maestro Melo Mafali (purtroppo assente per un improvviso malore): energia viva che ha riportato sullo Stretto lo spirito indomito di un popolo che la diaspora non ha cancellato. (@Palmira.Mancuso)