Terzo appuntamento al parco ecologico “San Jachiddu” con Forte Teatro Festival: questa volta ad andare in scena è “Terremoto“, di Saverio Tavano.
La scenografia, in foto, rende perfettamente il contesto d’azione dei tre attori: non siamo esattamente in uno scenario apocalittico, ma un evento drammatico ha distrutto e cancellato tutto quello che c’era prima. Tranne, appunto, Saverio Tavano insieme ad Alessio Bonaffini e Gianfranco Quero, interpretazione dei quali è davvero notevole. Il pubblico, condotto in questa piccola stanza del forte, angusta quanto basta per rendere l’idea dell’angoscia e dell’inquietudine che stravolge i tre sopravvissuti, disperati, quasi al limite della follia, soli a combattere il rimpianto di un passato raso al suolo e l’assoluta mancanza di prospettiva per un futuro che non sembra aver futuro, è pienamente coinvolto.
Scrittura fluida, non mancano i riferimenti alla realtà locale, in particolar modo quando ad entrare in scena, a metà spettacolo, è Gianfranco Quero, il politicante di turno che “avrebbe dovuto spostare la statua del Nettuno per dare il culo al mare”, o che “doveva essere il nuovo Gandhi” e che infine, nel delirio più totale (è lui che, fra i tre, non riesce più a sfuggire alla follia) si crede il predestinato scelto da Dio, salvato dalla tragedia per far rinascere l’umanità.
La civiltà disorientata da allucinazioni e sbalzi d’umore che ha tutto e niente, vittima di se stessa, senza una direzione. Ad aspettare, forse, qualcosa che non verrà mai (riferimento Beckettiano). E poi il volto scuro del perpetuo rito dell’esistenza, a tratti quasi una condanna senza possibilità d’evasione.
“Terremoto”, per scenografia azzeccata, scrittura fluida e soprattutto interpretazione più che dignitosa da parte degli attori, è il primo salto di qualità del Forte Teatro Festival, pronto a ripartire già lunedì 20 con “Storie e controstorie – racconti d’estate” di Ascanio Celestini. @RobertoFazio