La procura ha chiesto oltre un secolo e mezzo di carcere per gli imputati del crac della Sicilcassa, ex componenti del consiglio di amministrazione, ex sindaci, direttori e imprenditori, accusati di avere contribuito al dissesto della banca. Il processo, che si svolge davanti alla seconda sezione del Tribunale di Palermo, vede coinvolto anche l’ex presidente dell’Ente Teatro di Messina, per lungo tempo componente del Cda dell’istituto di credito siciliano che ha sempre dichiarato di non aver mai ottenuto vantaggi economici personali.
Il pm, lo scorso venerdì , ha chiesto per lui e per tutti gli ex colleghi componenti del consiglio di amministrazione ( Giuseppe Adonia, Domenico Bacchi, Francesco Mormino, Marcello Orlando, Adriano Maria Orlando e Giuseppe Viola) la condanna più alta : 12 anni di reclusione, così come per Gianni Lapis, ex presidente del collegio sindacale.
La pena di 10 anni è stata invocata per gli ex direttori di filiali di Palermo e Catania, Giuseppe Grado e Antonio Mosto; 8 anni per Benedetto Emanuele, Elio Rocca, Gaetano Zilleri, Giuseppe Cirrincione.
Sei anni sono stati proposti per Calogera Falcone, Maria Adelaide e Daniela Graci, rispettivamente la vedova e le figlie del cavaliere del lavoro catanese Gaetano Graci. L’indagine sulle presunte anomalie nella gestione del credito alla Sicilcassa permise di accertare un «buco» di tremila miliardi di lire accumulato tra gli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, anche per erogazioni «facili» concesse ai grossi gruppi imprenditoriali, tra i quali la holding di Graci.