di Michele Schinella – A “licenziarlo” fu l’allora manager Giuseppe Pecoraro. A corrispondergli la retribuzione come se avesse lavorato ancora per mesi e mesi dovrà essere l’azienda Policlinico Universitario di Messina.
Il Consiglio di giustizia amministrativa ha stabilito che il primario di Nefrologia, Guido Bellinghieri, non potesse essere mandato in pensione il primo giugno del 2012, tre mesi dopo il compimento dei suoi 70 anni (avvenuto il 2 marzo del 2012), limite massimo fissato dalla legge per i dirigenti medici ma, in quanto anche docente universitario, avrebbe avuto il diritto di prestare la sua attività per l’azienda universitaria sin tanto che avesse avuto il diritto di svolgere la sua attività didattica e di ricerca.
L’organo di giustizia amministrativa d’appello ha nell’occasione ribadito un principio da tempo affermato dalla giurisprudenza ma di cui il manager Pecoraro non aveva tenuto conto: ovvero che l’attività assistenziale e l’attività didattica sono inscindibili.
Dunque, il dirigente medico delle aziende ospedaliere che sia anche docente universitario non può essere mandato in pensione benché per la legge che si applica ai medici ci debba andare. Bisogna infatti considerare cosa stabilisce sul punto la legge che si applica agli universitari.
QUESTIONE DI INTERPRETAZIONE… E DI SOLDI
Ma quando il docente universitario Bellinghieri sarebbe dovuto andare in pensione? Dalla risposta a questa domanda dipende l’entità della somma che l’azienda universitaria dovrà ora corrispondergli.
Quando viene mandato in pensione da Pecoraro, Bellinghieri ha perso virtualmente la speranza di poter rimanere in servizio come docente sino a 72 anni: infatti, nel 2009, sulla base della normativa vigente aveva chiesto e ottenuto dal rettore Franco Tomasello di prolungare l’attività lavorativa. Qualche mese dopo, la legge Gelmini di dicembre 2010 aveva però fissato a 70 anni il limite massimo inderogabile di permanenza in servizio. La stessa legge, comunque, prevedeva che il docente avesse diritto a completare l’anno accademico in corso al momento in cui veniva raggiunta l’età pensionabile.
Tuttavia, la legge Gelmini, a maggio del 2013 è stata dichiarata su questo punto costituzionalmente illegittima per cui il limite dei 70 anni è come se non vi fosse mai stato ed è rivissuta la facoltà di rimanere sino a 72 anni.
Dunque, ricapitolando: Bellinghieri, che dinanzi ai giudici amministrativi è stato assistito dal legale Santi Delia, non poteva essere mandato in pensione ma aveva il diritto a rimanere in servizio come dirigente medico. Fino a quando? Nella peggiore delle ipotesi sino al 31 ottobre del 2012, con diritto ora a 5 mesi di retribuzioni. Nella migliore (per lui) delle ipotesi, invece, aveva diritto a stare in servizio sino al 31 ottobre del 2014, visto che compiva 72 anni a marzo del 2014 e, comunque, manteneva il diritto di rimanere in servizio sino alla fine dell’anno accademico in corso, fissato al 31 ottobre del 2014, con diritto in questo caso a 29 mesi di retribuzioni non percepite, qualcosa come 100mila euro.
Il professore Bellinghieri commenta: “L’operato inspiegabile dei vertici del Policlinico mi ha determinato danni non solo economici ma anche morali”.
AMMISSIONI DI COLPA
La sconfitta del Policlinico universitario di Messina, difeso dall’avvocato Enrico Caratozzolo, sia pure giunta al termine di diversi gradi di giudizio, era nella sostanza attesa.
La stessa azienda universitaria, infatti, allo stesso modo in cui aveva mandato in pensione Bellinghieri, aveva pure messo a riposo il primario di Medicina del Lavoro Mario Barbaro a far data dal 3 gennaio del 2014, giorno in cui compiva i 70 anni. In autotutela, però, il manager Pecoraro aveva ritirato il provvedimento riconoscendo,nella motivazione della delibera, “l’inscindibilità tra funzioni assistenziali e didattiche” e di conseguenza il diritto a rimanere in servizio sino al 30 ottobre 2014. (www.micheleschinella.it)