di Michele Schinella – Dopo essere stati 30 giorni in carcere per un reato che – secondo la giurisprudenza della Cassazione, evocata dai pubblici ministeri e dal Giudici per le indagini preliminari – non poteva essere contestato, i coniugi Lorella e Calogero Conti Nibali tornano ai domiciliari. Vi tornano per un fatto identico e, tuttavia, con la stessa accusa di Riduzione in schiavitù, caduta dopo un mese davanti al Tribunale della Libertà. Vi tornano su ordine dello stesso Giudice per le indagini preliminari, Maria Militello, che aveva adottato il primo provvedimento bocciato, in linea con la Cassazione, dal Giudice del Riesame.
Provvedimenti di limitazione della libertà meno gravi sono state notificate ad altre 8 persone.
Tutte sono coinvolte nel primo tentativo dei coniugi residenti in Svizzera ma di Castell’Umberto di comprare un bambino e farlo diventare loro figlio.
Una vicenda questa che, pur costituendone il preludio, poco ha a che fare con quella che ha portato in carcere 8 persone per un reato fantasma e ha riguardato il bambino rumeno giunto il 24 febbraio 2015 in Sicilia e destinato ai coniugi residenti in Svizzera: fermato dai carabinieri con la mamma e il fratello al porto di Messina, il bambino a Castell’Umberto non ha mai messo piede.
IL TENTATIVO PRECEDENTE
Di origini rumene ma residente a Messina, il bambino era giunto insieme alla mamma a Castell’Umberto a novembre del 2014 per dare un volto al bambino nato per finta il 18 gennaio del 2008 e consentire così ai coniugi Lorella e Calogero Conti Nibali di coronare il loro sogno di un figlio.
In cambio i due coniugi residenti in Svizzera avevano pagato 30 mila, andati alla mamma del bambino e agli intermediari Maurizio Lucà, Sebastiano Russo e Bianca Capillo: quest’ultima pure ai domiciliari. I coniugi si convincono che è fatta. Con la foto del bambino rumeno si recano al Municipio per avere la carta di identità. Ma è durata poco. Mamma e bambino dopo qualche giorno se ne sono tornati a Messina.
LA STORIA
I coniugi Conti Nibali erano pronti ad adottare il bambino rumeno, ormai quasi un ragazzo. Ma la storia, divenuta un incubo, è iniziata perché avrebbero voluto adottare illegalmente un neonato. Come hanno ricostruito gli inquirenti, è sulla base dell’impegno di Tindaro Calderone di reperire un neonato che denunciano la nascita di Carmelo Luca. E’ un dato certo che i coniugi volessero darsi un figlio in maniera illegale: nel 2008 dichiarano grazie ad un certificato di assistenza al parto falso, la nascita di un figlio mai nato, Carmelo Luca Conti Nibali; sborsano decine di migliaia di euro (150 mila dal 2008, secondo quanto riferito dagli inquirenti); sono più volte sul punto di dare a questo figlio virtuale un corpo reale. L’impegno però non è stato mantenuto.
LE GIUSTIFICAZIONI
“Il bambino è nato malato: è in un istituto”: è stata questa la spiegazione che hanno sempre dato ai compaesani nel periodo in cui dalla Svizzera tornavano a Castell’Umberto.
Il bambino, per miracolo guarito, si è materializzato con il rilascio della carta di identità. Ma quando qualche giorno dopo l’illusione è svanita con la decisione della mamma e del bambino di fare ritorno a Messina, ecco che a qualcuno è venuta l’idea di chiudere per sempre l’incresciosa vicenda: “Si potrebbe organizzare il funerale di Carmelo Luca”. I dettagli sono raccontati il 15 dicembre 2014 dalla stessa Lorella ad una amica, alla quale parla di certificati di patologia terminale e di morte, rilasciati da medici che hanno chiesto 12mila euro.
Il funerale avrebbe posto fine all’incubo. Ma a Vincenzo Nibali, cognato dei coniugi viene in mente di contattare Franco Galati Rando e Aldo Galati Rando: il primo incassa 30mila euro e il 17 gennaio 2015 da appuntamento per la consegna di un minore. Ma l’affare salta. I coniugi rivogliono indietro i soldi. Franco Galati Rando scompare. Va in Romania. Conosce Vito Calianno e gli affida l’incarico di trovare un bambino. Ricompare a febbraio 2015. Annuncia che l’operazione è andata in porto ed è sulla via del ritorno. L’attesa dei coniugi Conti Nibali diventa spasmodica. Il 24 febbraio 2015 però alla porta della loro casa bussano i carabinieri.
Ai coniugi Conti Nibali e a tutti gli altri protagonisti della vicenda è stato contestato il reato di riduzione in schiavitù ed è per questo reato che sono stati tenuti 30 giorni in carcere. Il Tribunale della Libertà ci mette pochi minuti per capire che questo reato nel caso dell’adozione uti filius non poteva essere configurato.
SI REPLICA…
Arrestati per un reato che seguendo la giurisprudenza della Cassazione non c’è, ai coniugi Conti Nibali l’aver scambiato l’anagrafe del comune di Castell’Umberto per una sala giochi e l’idea di poter realizzare il sogno di avere un figlio senza osservare la legge sull’adozione è costata ora l’incriminazione per altri reati. Gli arresti domiciliari, però, sono stati disposti sempre sulla base della configurazione del reato fantasma di Riduzione in schiavitù. (www.micheleschinella.it)