Sono tredici le pagine, depositate lunedì scorso a palazzo Zanca, con le quali la presidenza nazionale della Liv, Lega nazionale di vigilanza, e la vicepresidenza nazionale dell’Ugda, Comitato ufficio garante diritti animali, diffidano il sindaco Renato Accorinti in materia di randagismo.
Il caso Messina, l’assenza di strutture di accoglienza, i mancati interventi di sterilizzazione dei randagi, l’ordinanza di sgombero del plesso di via don Blasco e l’assenza di una politica consapevole che ponga al centro il benessere dei randagi, ha spinto le sigle animaliste ad intervenire formalmente.
Destinatari dell’elaborato documento, insieme al primo cittadino, le istituzioni a vario titolo investite del compito di elaborare e fornire risposte all’emergenza randagismo in città: l’assessore al benessere degli animali Daniele Ialacqua, il commissario della provincia Filippo Romano, la presidente della commissione ambiente Rita La Paglia, il direttore dell’Azienda sanitaria provinciale Gaetano Sirna, il responsabile del dipartimento Prevenzione veterinaria Giuseppe Donia e il dirigente del dipartimento ambiente e sanità Domenico Signorelli.
L’intervento di Liv ed Ugda trova sostanza in una laconica ordinanza di sgombero, emessa da Accorinti il 30 dicembre 2013, con la quale si decretava lo chiusura dell’ex facoltà di Medicina veterinaria e si ipotizzava il trasferimento di una parte dei cani ospiti all’interno del rifugio convenzionato e sovraffolato di Millemusi.
Silenzio sul destino riservato ai felini ospiti del plesso comunale che, secondo quanto previsto dal provvedimento sindacale, avrebbero dovuto essere rimessi sul territorio, all’interno delle numerose colonie presenti su strada.
Una scelta, quella dello sgombero, non casuale e che si colloca nell’ambito del progetto di realizzazione della nuova via don Blasco, per la quale è stata stanziata dal ministero dei trasporti una tranche di 28 mila euro in previsione dell’apertura, il prossimo settembre, dei primi cantieri.
L’ennesimo passo in questa direzione arriva il 13 gennaio scorso, quando un provvedimento emesso dal dirigente del dipartimento ambiente e sanità Domenico Signorelli sollecitava le istituzioni e gli organi competenti a dare “urgente eimmediata” esecuzione all’ordinanza 282.
Sconociute anche in questo caso modalità e termini dello sgombero.
A distanza di un anno e mezzo dall’emanazione del provvedimento, nessuna soluzione risolutiva è stata seriamente avanzata sulla questione don Blasco, rifugio nato vista l’impossibilità di dare ricovero dignitoso a cani e gatti abbandonati, malati o feriti.
“Non solo quanto auspicato e promesso non ha avuto seguito – denunciano il documento congiunto di Liv e Ugda – ma paradossalmente sono state avanzate soluzioni che non costituiscono una reale e tangibile presa di coscienza del tema randagismo come deportazione dei randagi e remissione sul territorio. Proposte vergognose perché nessun rifugio, a sud o nord del paese, potrebbe mai risparmiare agli animali deportati traumi e sofferenze destinati ad incidere negativamente su condizioni di salute già precarie. Crudeltà e violenze che – sottolineano Elisa Pirrotta, presidente Liv, e Annalisa De Luca Cardillo, vicepresidente Ugda – configurerebbero per il comune di Messina il reato di maltrattamento previsto dall’articolo 544 ter del codice penale”.
Scartata l’ipotesi Millemusi, verificata l’impossibilità di ospitare al suo interno nuovi randagi, l’amministrazione aveva informalmente contattato diverse strutture di accoglienza, allo scopo di deportare fuori dai confini cittadini i cani ospiti a don Blasco.
“Abbandoni e nascite indesiderate continueranno a esistere anche successivamente allo sgombero – apostrofano le sigle associative nazionale – in assenza di interventi finalizzati a limitare le nascite, l’impiego di denaro pubblico da parte dei contribuenti rappresenterà un capitolo di spesa costante per l’amministrazione della città. Il problema va risolto e affrontato sul territorio, diversamente con vergognosa periodicità ci troveremo ad assistere alla deportazione sistematica dei randagi altrove”.
Altrettanto complessa è la questione che riguarda i 60 gatti dell’ex facoltà di veterinaria, sul cui destino l’ordinanza glissa, salvo contemplare anche in questo caso la possibilità di inserirli sul territorio.
Una scelta che le associazioni bollano come “scellerata” ed in palese contrasto con quanto disposto dall’articolo 18 comma 1 della legge regionale del 3 luglio 2000 che impone “il divieto di maltrattare e di allontanare dal proprio habitat naturale i gatti che vivono in libertà, dove per habitat naturale si intende qualsiasi territorio o porzione di esso, edificato e non, dove stabilmente sia insediato un gatto o una colonia felina in libertà”.
Nel marzo del 2014 però l’amministrazione Accorinti, su pressione di alcune associazioni animaliste cittadine, si persuase a firmare un’ordinanza sindacale che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto tutelare giuridicamente le libere colonie feline ed istituire un registro delle gattare da inquadrare nella veste di ausiliarie del Comune.
Un provvedimento che a distanza di un anno si è rivelato un’autentica bolla di sapone.
“Inserire i felini ospiti a don Blasco all’interno di colonie, solo in parte censite e prive di tutela sanitaria e giuridica, considerata la mancata applicazione dell’ordinanza a tutela, è un gravissimo errore – spiegano le responsabili di Liv e Ugda – si tratta di animali che presentano disfunzionalità e handicap che rendono impensabile una loro remissione sul territorio perché non in grado né di affrontare i pericoli della strada né di procacciarsi il cibo. Esposte ai pericoli e prive di recinzioni, le colonie feline messinesi – incalza il documento – presentano condizioni di degrado frutto dell’assenza di politiche di prevenzione delle nascite e del totale fallimento dell’ordinanza sindacale a loro tutela”.
E sul mancato avvio di una reale campagna di sterilizzazioni Liv e Ugda fanno chiarezza: “La legge impone alle locali Asp la sterilizzazione a titolo gratuito dei randagi; a Messina invece l’azienda sanitaria, unitamente al corpo dei vigili urbani, impone l’ingresso degli animali nell’ex facoltà di veterinaria”.
Il testo depositato a palazzo Zanca richiama all’attenzione di Accorinti anche i contenuti della petizione popolare, sottoscritta da oltre 700 cittadini e depositata il 30 maggio 2014 all’interno della cancelleria comunale: “Si tratta di un problema sentito che è stato sollevato da centinaia di elettori, ma che questa amministrazione, a distanza di un anno, continua ad ignorare insieme all’articolo 25 dello statuto comunale”.
Inattendibili per Liv e Ugda anche gli annunci relativi alla realizzazione di un gattile e un canile sanitario: “Nell’attesa che questo utopistico progetto venga elaborato – si legge nel documento – chiediamo a questa amministrazione come intenda affrontare e gestire le continue emergenze, visto il divieto formale di introdurre nuovi ospiti dello spazio comunale”.
Inefficiente anche il servizio di accalappiamento, operativo solo nella fascia oraria ricompresa tra le 9 e le 12, festivi esclusi: “La legge 15 – proseguono Liv e Ugda – prevede che il servizio, che dovrebbe riguardare anche i felini con modalità distinte e distinguibili da quelle messe in atto per il recupero dei cani, debba essere supportato e supervisionato da associazioni protezionistiche allo scopo di evitare il reiterarsi in città di gravi episodi di maltrattamento per i quali è stato presentato un esposto alla Procura della Repubblica; fatti oggetto nel 2011 di un’interrogazione del consigliere comunale Nello Pergolizzi”.
A stretto giro arriva dunque la diffida nei confronti di Accorinti : “Un intervento da parte dell’amministrazione, trincerata da mesi dietro presunti cavilli burocratici che si sostanziano, a parer nostro, nella poca volontà di risolvere problematiche che non vogliono essere risolte, non è più rinviabile – chiosano Liv e Ugda – chiediamo pertanto la revoca dell’ordinanza di sgombero, in ragione dello stato di emergenza, di conoscere quale soluzione temporanea si intenda individuare, in attesa di valutare una sede alternativa a don Blasco”. (@Emma_ De_Maria)