“Disinvoltura e professionalità criminale”. Questi i termini con cui si sono espressi i giudici del Tribunale del riesame che ha negato ieri la scarcerazione dell’on. Francantonio Genovese, nel corso del processo sui “Corsi d’oro 2″.
Il collegio, presieduto dal Giudice Nunzio Trovato, ha richiamato la pronuncia dei colleghi per le massime esigenze cautelari che ricorrerebbero in questo caso, dopo aver analizzato le produzioni documentali successive effettuate dalla Procura nel corso del confronto.
Secondo quanto riportato dalla Gazzetta del Sud, “il difensore del parlamentare, l’avvocato Favazzo, nel chiedere la sua scarcerazione aveva per esempio sottolineato come si fossero rescissi da tempo i legami di Genovese con il mondo della formazione professionale e come fosse stato programmato un completo riassetto del settore a livello regionale.
Ma secondo i giudici “… sono argomenti già vagliati dal tribunale del riesame e dell’appello e ritenuti inidonei a far scemare le esigenze di cautela, sul rilievo che “in considerazione della versatilità nel delinquere manifestata per raggiungere i propri interessi utilitaristici, Genovese può riproporre la sua attività illecita in qualunque altra associazione o società, usufruendo della fitta rete di prestanome e di società allo stesso riconducibili”.
I giudici del Riesame esaminano poi le nuove carte depositate dalla Procura sui flussi di denaro all’estero, un quadro che definiscono “assai inquietante”, con un’attività finalizzata “…ad occultare all’estero ingenti capitali, palesemente del tutto incompatibili con il volume d’affari ed il reddito conseguito e dichiarato dal Genovese sino all’anno 2005″. Questo in relazione al contratto assicurativo da 16 milioni con la società “Credit Suisse Life Bermuda Ltd”.
Per l’altro pacchetto, i dieci milioni che si troverebbero nel Principato di Monaco, i giudici adoperano il termine “assai più inquietante’, visto che si tratta del trasferimento “… dalla Svizzera su un conto esistente presso un intermediario monegasco ed intestato alla società panamense Palmarich Investments S.A., riconducibile a Genovese Francantonio ed a sua moglie Schirò Chiara”. E affermano ancora: “…risulta poi che, allo scopo di ostacolare l’identificazione della probabile provenienza delittuosa del denaro, Genovese Francantonio e Schirò Chiara avrebbero giustificato questi accrediti affermando trattarsi di fondi provenienti da una eredità a seguito della morte del padre sig. Luigi Genovese… . Si tratta di una giustificazione falsa: Luigi Genovese, padre di Francantonio Genovese, da accertamenti compiuti, risulta ancora in vita”.