Terzo spettacolo di “Atto Unico. Scene di Vita, Vite di Scena” 2014-2015, “Erebo. Il lungo addio” (QAProduzioni) sarà in scena domenica 7 dicembre 2014 al Teatro Annibale Maria di Francia in pomeridiana alle ore 18 e in serale alle ore 21.
Prodotto da QA, con regia e drammaturgia firmate da Auretta Sterrantino e musiche originali di Filippo La Marca che suonerà dal vivo (pianoforte e tastiere) accompagnato da Daniele Testa (viola e violino), “Erebo” vede in scena Livio Bisignano, Loredana Bruno, Alessio Bonaffini, Oreste De Pasquale, Giada Vadalà, Sarah Lanza alle coreografie danzate e Adriana Bonaccorso al canto (insieme con Oreste De Pasquale). Completano il cast tecnico Valeria Mendolia (realizzazione scene e costumi, trucco), Felice De Pasquale (aiuto scenografo), Martina Morabito (assistente alla regia).
Spettacolo “coraggioso” per definizione, si nutre dell’intento di rivisitare – in originale teoria di azioni e parole – tematiche appartenenti al teatro classico e porta sul palcoscenico, a spese di privati, un cast decisamente nutrito in epoca di dure “diete” finanziarie per la cultura. Il testo, originale rielaborazione di autori classici e moderni, tutti legati a tematiche mitiche e classiche (tra gli altri, Omero, Sofocle, Seneca da una parte, Tomasi di Lampedusa, Pavese, Kafka dall’altra), tende ad una linea drammaturgica unitaria. Il punto di partenza è un’immaginifica discesa di Penelope negli oscuri recessi della terra, nel regno di Persefone, ove dimorano le Anime Morte. Esse costituiscono il fulcro dell’azione, consentendo, nel loro continuo mutare passando da un destino ad un altro, di attraversare miti molto diversi, ma tuttavia intimamente legati da una coerenza di fondo. A esprimere l’ansia di ricerca insita nell’uomo l’uso di diverse arti performative.
“Il mito è davvero un messaggero universale di grandi tematiche: il rapporto con la/le divinità, il rapporto con la morte, con il potere, con la famiglia, con la città, il rapporto con il sé”, racconta Auretta Sterrantino, direttrice artistica di “Atto Unico” e regista di “Erebo. Il lungo addio”. “A leggerlo bene, vi si trovano spunti di riflessione ancora assolutamente fondamentali e fondanti. Dall’insieme del lavoro di sicuro trasparirà in filigrana un profondo senso di decadenza e l’impressione che in fondo siamo quasi impotenti di fronte a questo … mi sembra un sentimento di estrema attualità. Un sentimento da riportare a galla, da scavare, da percorrere, per poterne riemergere. Per questo il senso è spezzare l’attesa, imparare ad andare incontro alle cose rompendo l’immobilismo che ci imprigiona, anche se l’esito può essere negativo. Tentare”.