L’ex assessore alla Sanità della regione Sicilia Tatà Sanzarello è stato condannato a 4 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. La sentenza è stata emessa nel tardo pomeriggio di oggi dal Tribunale di Messina al termine del processo di primo grado sulle tangenti pagate dall’Aias di Barcellona. L’esponente politico ex Dc, Forza Italia e poi Udc, alle spalle decine di incarichi di assoluto rilievo, è stato riconosciuto colpevole di aver intascato tra il 1998 e il 2004 circa un miliardo vecchie di lire dai vertici dell’Associazioni italiana spastici della città del Longano per consentirne l’accreditamento con il servizio sanitario regionale. A tre anni di reclusione e 4 di interdizione dei pubblici uffici è stato condannato Oreste Casimo, funzionario dell’Asp 5 accusato di corruzione per aver intascato sin dal 2002 tangenti da Luigi La Rosa al fine di velocizzare i pagamenti delle fatture da parte dell’azienda sanitaria.
Il grande accusatore dell’ex europarlamentare e del burocrate è stato Luigi La Rosa, commercialista di Barcellona, ai vertici per anni della Onlus: sulle sue dichiarazioni e sui conseguenti riscontri documentali si è fondato l’impianto accusatorio. Lo stesso La Rosa è stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione per istigazione alla corruzione di Casimo.
La goccia che fece traboccare il vaso e interruppe il flusso di tangenti dalle casse dellʼAias alle tasche dellʼex eurodeputato Tatà Sanzarello fu, secondo il racconto di Luigi La Rosa, “la richiesta di 50mila euro per comprare una casa a Roma”. Era il 2004 quando Pietro Arnò, il dominus dell’ente e lʼallora presidente della sezione di Barcellona decisero che lʼonorevole di Mistretta aveva esagerato nelle richieste. «Solo 20 giorni prima gli avevamo corrisposto 20mila euro», ha raccontato ai magistrati lʼex presidente dellʼAias.
Il rapporto “perverso”, secondo le dichiarazioni di La Rosa, iniziò tra il 1998 e il 1999 quando Arnò (nel frattempo deceduto), il vicepresidente La Rosa e il tesoriere Sebastiano Messina, si rivolsero ai referenti poltici locali dellʼallora deputato regionale e neo assessore regionale alla Sanità per avviare la sede di Barcellona dellʼAias, che nasceva sulle ceneri della sezione di Milazzo, travolta dagli scandali conditi da mazzette e tangenti. «Grazie al suo interessamento riuscimmo ad ottenere la convenzione con lʼAsp 5. Per il suo intervento Sanzarello volle 30 milioni di lire che gli vennero corrisposti il giorno stesso della stipula del contratto. Ogni volta che lʼAsp eseguiva il mandato di pagamento, Sanzarello ci chiedeva denaro. I soldi glieli davamo io, Arnò e il tesoriere Sebastiano Messina. Ne era a conoscenza anche la moglie di Arnò», ha spiegato il commercialista politicamente vicino a Forza Italia. Le accuse di La Rosa sono state incrociate con i documenti contabili sequestrati a casa di La rosa, e nel suo ufficio, e con lʼagendina di Arnò sequestrata nellʼimminenza dellʼattentato che questʼultimo subì nel 2003. «Tato», «Tata e amici regali»: nel libro mastro delle tangenti Aias sono stati trovati questi appunti con accanto somme variabili tra il milione di lire e i due milioni. «Ecco questa agenda indica i pagamenti fatti a favore dellʼonorevole», ha precisato La Rosa. «Due milioni servivano per pagare lʼaffitto mensile della segreteria di Sanzarello ubicata in via Luciano Manara a Messina. Ci sono andato tre o quattro volte per accompagnare Messina ed Arnò a portare la busta chiusa. In tutto credo che Sanzarello in 5 anni ha incassato un miliardo di vecchie lire».
Il magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Messina Giuseppe Verzera ha tradotto i racconti di La Rosa nel reato di concussione, lʼestorsione dei pubblici ufficiali. Il legale dell’onorevole Sanzarello nel corso del dibattimento ha cercato in tutti i modi di smontare l’attendibilità di La Rosa, senza però riuscirvi.
Luigi La Rosa aveva puntato l’indice anche in direzione di Casimo segretario particolare tra il 2006 e il 2009 dellʼex manager dellʼAsp 5 Salvatore Furnari e vincitore nello stesso periodo di un concorso per dirigente amministrativo: «Sin dal 2002, su sua richiesta, gli davamo 2mila, 3mila e 4mila euro e in unʼoccasione 10mila euro per accelerare i mandati di pagamento dellʼazienda sanitaria. Versavamo 4 o 5 giorni dopo aver realizzato lʼobiettivo», ha accusato La Rosa. I Giudici anche in questo caso gli hanno dato retta. La Procura aveva mosso l’imputazione di istigazione alla corruzione di Casimo anche nei confronti di Sebastiano Messina, ma nel corso dell’udienza preliminare il Gip ha dichiarato la prescrizione del reato perché quest’ultimo non è stato ai vertici dell’Aias nell’ultimo decennio, essendo uscito dalla compagine nel 2004.
@Michele Schinella (ospitato in attesa di riaprire il suo blog)