“Dove sono finiti i soldi della motorizzazione? Perché non ve li fate ridare dallo Stato? E, soprattutto, fate in modo che non se ne prendano altri”. Sono queste le domande che l’associazione Sicilia e Legalità pone alla Regione in merito al denaro, 50 milioni di euro l’anno, derivante dai diritti di motorizzazione, che pare venga lasciato indebitamente al Governo nazionale senza battere ciglio.
Sicilia e Legalità – che ha sede a Castelvetrano ed è già intervenuta in questioni civili e penali, in particolare nel campo ambientale e sanitario, al fine di tutelare gli interessi della comunità – proprio allo scopo di neutralizzare questa inspiegabile emorragia, lo scorso 19 agosto aveva diffidato Palermo attraverso un atto, firmato dalla presidente, Angela Guarino, notificato all’assessorato delle Infrastrutture e mobilità e al presidente Rosario Crocetta. Tuttavia, il termine per rispondere di 15 giorni, con scadenza il 3 settembre, è scaduto infruttuosamente. E le domande sono rimaste senza risposta.
L’atto – come conferma in una nota l’associazione – invita, tecnicamente, la Regione ad astenersi dal recepire provvedimenti o circolari ministeriali che possano far affluire nelle casse dello Stato somme di pertinenza regionale ed, in particolare, i diritti in materia di operazioni di motorizzazione: “La cifra in questione non ammonta a pochi spiccioli ma, senza un tempestivo intervento, a ben 50 milioni di euro l’anno, praticamente lo stesso gruzzolo che il vertice di palazzo d’Orleans ha dovuto recuperare, di recente, attraverso un mutuo che costerà caro ai siciliani. Eppure l’amministrazione ha fatto poco o niente per opporsi a questo ‘scippo’ e, anche quel poco, è stato fatto in modo negligente”.
Nel settembre del 2000, sempre secondo la ricostruzione di Sicilia e Legalità, con decreto legislativo, sono state trasferite alla Sicilia, unica regione in Italia, le competenze in materia di motorizzazione, espletate con uffici e personale regionale. Gli incassi per la revisione delle automobili sono confluiti nelle casse della Regione fino al 2011, quando, a seguito dell’introduzione di un nuovo programma informatico, questi diritti di revisione sono stati incamerati dallo Stato. E tutto ciò, in virtù di una semplice circolare. Con una perdita di 10 milioni l’anno e quindi 40 milioni in quattro anni. È prevista anche un’estensione da parte del ministero dei Trasporti a tutte le altre tipologie di operazioni come immatricolazioni, targhe e collaudi. Per un totale di 50 milioni l’anno in meno che si aggiungerebbero a quelli già perduti.
Nel dicembre del 2010 – va premesso – la Corte Costituzionale, con sentenza numero 369/2010 del 15 dicembre, giudica inammissibile, non nel merito ma per difetto di notifica, il ricorso presentato dalla Regione nel 2008, con cui si solleva il conflitto di attribuzione. Ricorso inviato erroneamente al ministro delle Infrastrutture anziché al presidente del Consiglio.
Nell’ottobre 2013 è il deputato regionale Bernadette Grasso a presentare in aula una mozione che impegna il governo “a voler individuare e percorrere tutte le iniziative utili al fine di ripristinare l’introito nel bilancio della Regione siciliana del gettito derivante dalle operazioni effettuate in via telematica dalle imprese di revisione riconosciute e autorizzate a operare nel territorio siciliano, dalla competente amministrazione regionale”. L’Ars approva la mozione malgrado il parere contrario dell’assessore all’Economia, Luca Bianchi.
“In un momento in cui la Sicilia affonda in un baratro economico buio e profondo – accusa Maurizio Franchina (nella foto in alto), portavoce dell’associazione – la Regione si permette il lusso di perdere milioni di euro dei siciliani per una leggerezza dell’amministrazione che, invece di intervenire con vigore, nella sua risposta, è stata debole e ha commesso errori banali come quelli di notifica del ricorso, inspiegabilmente poi mai riproposto, con un atteggiamento che è stato definito dall’opposizione all’Ars, di acquiescenza. È impensabile – conclude Franchina – che tutta la fatica si faccia in Sicilia e che i guadagni se li prenda Roma. Chiamiamo il presidente Rosario Crocetta a riparare alle negligenze, inadempienze ed inerzie commesse dalla passata gestione di Raffaele Lombardo, che ha provocato, già ad oggi, un danno economico grave, destinato ad aumentare. Gli chiediamo, pertanto, di promuovere tutte le iniziative nelle opportune sedi per ottenere le somme indebitamente incamerate dallo Stato, attraverso una semplice circolare, che non è una fonte di natura normativa e rende perciò il comportamento arbitrario”.