Le condanne della generazione del ’92, le speranze che quella Sicilia, macchiata dalla violenza di Cosa Nostra, possa diventare, come sperava Borsellino poco prima della sua morte, “un posto bellissimo”. I ricordi infantili, la profonda amicizia di Arturo con Lorenzo, figlio di un boss mafioso, le frustrazioni, i malesseri, la depressione e il giallo: la ferita aperta sancita dalla trattativa stato-mafia, in cui sorgono le domande e le ricerche di un fantasma che si incarna ogni volta in un volto diverso. Tutto questo e, però, molto altro, racchiude Un giorno sarai un posto bellissimo, edito Baldini&Castoldi, di un inaspettato Corrado Fortuna, che ha presentato ieri alla libreria “Colapesce” il suo romanzo d’esordio, dialogando con la giornalista Manuela Modica, la quale ha definito lo scritto dell’attore palermitano “ricco di veracità, scandito da alcuni pugni nello stomaco, che fanno emergere un amore-odio nei confronti della terra natia”. In realtà, come ha dichiarato Fortuna, “purtroppo ho solo un amore per Palermo”. Tutte le idee, anche crude, che si riversano sulle sue pagine hanno l’ansia di scacciare l’errore della retorica, propria dell’epoca antimafiosa, “rea di essere stata idolatrata fin troppo e aver fatto così poco per la collettività”.
E se la speranza tarda ancora a morire, la situazione attuale appare amara, impregnata di una bruttezza che è sinonimo di violenza, rassegnazione e depressione, perché “non raccontiamo più tutto quello che è successo e forse anche perché non abbiamo più un vero intellettuale siciliano, dopo Sciascia”. Secondo Fortuna, in atto vi è una vera e propria rimozione collettiva, che spiega come noi siamo diventati dei “depressi inconsapevoli”, malati d’anima, volontari del vuoto che si è generato. L’attore palermitano, allora, con una mossa d’autocritica, fa emergere l’insuccesso delle proteste e delle lotte dopo le morti di Falcone e Borsellino, che sono state fallimentari perché si sono rilevate focolai spenti troppo presto, che non hanno avuto seguito e non sono state abbastanza incisive e presenti nella generazione successiva.
Il modo di raccontare, che si accosta molto a quello di Pif, per il tratto ironico e leggero e che rende la lettura di Un giorno sarai un posto bellissimo piacevole e velocissima, è intervallato da momenti, soste, parentesi che problematizzano la realtà, complicano i giochi, suscitano contraddizioni e rifiutano una netta distinzione tra buoni e cattivi. La narrazione si articola per lampi, sprazzi che, però, seguono un progetto ben chiaro, anche se nella difficoltà del lettore di far seguito ai continui cambiamenti temporali e spaziali.
La vita di Arturo, quel bambino entrato in classe con l’occhio bendato, che credeva che il sangue in realtà fosse succo di pomodoro versato addosso, è il racconto dell’esigenza di Fortuna di raccontare se stesso, di scegliere come smascherarsi. Rimangono, però, i “pidocchi”. Quei parassiti che, nell’ombra, si moltiplicano e velocemente divorano tutto ciò che trovano. Un giorno potremmo godere della bellezza? Si, ma non sappiamo quando.
Corrado Fortuna, nato a Palermo nel 1978, è attore e regista. Esordisce come protagonista in My name is Tanino di Paolo Virzì e, subito dopo, è attore principale di PERDUTo AMOR di Franco Battiato, per i quali ha vinto il Premio Guglielmo Biraghi. (CLARISSA COMUNALE)