ACR MESSINA : IL BOMBER CORONA….A TUTTO CAMPO

Da quando faceva il cameriere a Cinisi a oggi l’uomo Giorgio Corona non è cambiato. Stessi principi di una volta, stessa coerenza, stesso modo di affrontare le curve della vita. «Sono un siciliano vero, la parola vale più di ogni altra cosa, anche dei contratti…». Ne ha fatta di strada “Re Giorgio” da quando, per racimolare qualche spicciolo, portava le pizze ai tavoli e la domenica giocava per diletto, in Promozione, segnando a raffica e “spaccando” le difese avversarie. Era il 1996, lui già aveva 22 anni, troppi per sperare di arrivare nel calcio che conta.
Eppure il buon Giorgio ce l’ha fatta, testardo com’è, lavorando con umiltà e bruciando le tappe. «Nella vita nessuno mi ha regalato nulla – evidenzia l’attaccante palermitano, 38 anni il 15 maggio – sono sempre partito dal basso arrivando dove meritavo. Nel calcio ho cominciato dalla strada, poi la Terza categoria fino alla D di Milazzo. Solo in Eccellenza non ho giocato, poi ho “assaggiato” tutte le categorie, giovanili comprese. A Messina, nel ’98, ho debuttato tra i Pro, poi tanta C in giro per il Sud (Campobasso, Tricase, Giugliano, Brindisi) perché (ride, ndr) non hanno avuto fiducia nel sottoscritto, il triennio di Catanzaro e la serie A».
Arriva a trentadue anni, dieci anni dopo le pizze ai tavoli di Cinisi, e a regalargliela è il duo Marino-Lo Monaco, tecnico (dell’epoca) e dg del Catania: «Fu uno sfizio, un premio alla mia carriera che era partita proprio dal basso. Ricordo ancora il debutto di Cagliari: segno il gol della vittoria, come in una favola». Ha sempre affrontato la vita di petto, Giorgio. Senza paura di nulla e di nessuno: «Anche a Catanzaro, alla prima in B, mi presentai con un gol al Bari. Ho sempre cercato di ripagare la fiducia con i gol, ho sempre fatto il mio dovere, in campo e fuori. Per me un comportamento corretto vale più di un gol». Dopo aver portato la Juve Stabia, lo scorso giugno, in serie B, Giorgio dice «no grazie» alle tante offerte provenienti dalla Lega Pro – con contratti anche pluriennali – accettando di sposare il progetto Messina.
«Ero tornato al Taranto che deteneva il mio cartellino ma non volevo restare in Puglia tanto che avevo chiesto alla società la rescissione consensuale del contratto. Quando mi chiamò Ciccio La Rosa per propormi di tornare a giocare in una città che mi era rimasta nel cuore, mi svincolai dal Taranto e dissi subito di sì. Sapevo che la situazione societaria era difficile, che c’erano pochi soldi, che lo stipendio difficilmente avrei potuto prenderlo con regolarità, ma fu una scommessa. Non potevo pensare che Messina, una città così grande con un pubblico così caloroso, potesse stare ancora a lungo tra i dilettanti. Accettai Messina rifiutando a tanti quattrini, io sono fatto così. Una scelta di cuore, per me certi valori non hanno prezzo. E sono felice di aver scelto Messina in estate. Perché in fondo io mi sento più calciatore qui in D che in un’altra piazza meno prestigiosa ma in Lega Pro».
Così si presentò il giorno dopo Ferragosto al “San Filippo” con un chiaro obiettivo: «Voglio due promozioni di fila, potrò chiudere col calcio giocato quando la squadra sarà in Prima Divisione». Oggi Giorgio Corona è più convinto che mai della scelta fatta in estate. Nessun ripensamento, nessuna fuga meditata nemmeno quando la nave giallorossa era in balìa delle onde. «In carriera non ho mai cambiato squadra a stagione in corso, sono un tipo che si affeziona ai compagni e nelle difficoltà non ama andare via. Non l’ho mai fatto e anche quest’anno sono stato coerente con le mie idee. Adesso che siamo in corsa per la promozione vedo troppa gente di cui non so il ruolo attorno alla società ma nei mesi più difficili il nostro unico riferimento è stato sempre, e lo è tutt’ora, Lello Manfredi».
Corona è tipo che non ha peli sulla lingua. «Dico le cose in faccia – aggiunge – per alcuni può essere un difetto, io invece mi ritengo una persona leale, non è un caso che mi senta ancora con tanti ex compagni, anche quelli del Cinisi». Si ritiene soddisfatto di una carriera a cui chiede le ultime gioie. Per questo Corona preferisce parlare del presente, di quello che può ancora succedere. Non si esalta ma ci crede: «Domenica era importante vincere, poco importa che abbiamo sofferto, abbiamo aggiunto tre punti preziosi alla nostra classifica e siamo là, guardiamo la vetta sperando che arrivi qualche punto da Roma».
Dalla D dell’Fc edizione 97/98 alla D dell’Acr quattordici anni dopo: differenze? Tante. «Il livello – dice “Re Giorgio” – si è abbassato anche a causa della regola che impone l’utilizzo di ben quattro giovani. Inevitabile che rispetto alla quinta serie di una volta ci sia meno qualità. E poi vedo sempre meno gente negli stadi: la televisione ha “rubato” tanti spettatori». Dice che «questa Acr, come ha detto il direttore La Rosa, farebbe bene anche in Lega Pro. Con 3-4 ritocchi potrebbe fare un bel campionato. E in rosa ha giovani di assoluto valore che si affermeranno tra i professionisti». Il dopo-calcio per Corona? «Non ci voglio ancora pensare, non so cosa farò. Prima voglio vincere due campionati in giallorosso, una volta che saremo in Prima Divisione deciderò cosa fare da grande».
DIARIO. La squadra ieri ha ripreso gli allenamenti al “San Filippo”. Tutti presenti agli ordini di Bertoni: Caldarella e Di Dio hanno svolto differenziato. Domenica contro il Licata mancherà Lo Piccolo che oggi sarà squalificato per un turno. Il programma odierno prevede una doppia seduta, domani test anti-Licata.
Intervista rilasciata a Gazzetta del Sud

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