Ha già da tempo un riscontro importante sul piano assistenziale lo studio condotto dal dottor Giuseppe Andò, cardiologo interventista del Policlinico di Messina e ricercatore universitario, pubblicato di recente su Circulation – Cardiovascular Interventions, tra le più prestigiose riviste mondiali di cardiologia interventistica.
Insufficienza renale acuta nei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica per infarto, questo il tema centrale di un lavoro iniziato già cinque anni fa.
Ogni giorno sono numerosi i pazienti colpiti da infarto – riferisce una nota del Gaetano Martino – che in tempi brevi devono essere sottoposti ad angiplastica coronaria, procedura necessaria per liberare le arterie del cuore dalle ostruzioni e che prevede l’utilizzo del mezzo di contrasto. L’insorgenza di problemi ai reni in soggetti sottoposti a questo tipo di esami è sempre stata frequente, tanto da spingere i ricercatori a voler capire quali siano i soggetti più a rischio e perché. Da qui il progetto di studio condiviso con un giovane specializzando, il dottor Morabito, oggi cardiologo professionista in un’altra struttura.
Circa 500 i casi analizzati, riferiti al periodo 2008-2011. Se in un prima fase dello studio l’attenzione è stata incentrata tenendo in massima considerazione i parametri clinici strumentali e fissando un valore di riferimento, utile per identificare i soggetti a rischio, il secondo step della ricerca è andato invece più a fondo, dimostrando come, al di là dell’identificazione dei pazienti a rischio, a fare la differenza fosse in realtà la quantità di mezzo di contrasto tollerabile dal singolo paziente e come ad un dosaggio più basso corrispondesse un minore danno a carico dei reni.
“È cambiata la prospettiva – sottolinea Andò – sulla base del calcolo della funzionalità renale siamo infatti in grado di fissare una quantità massima di mezzo di contrasto che tendiamo a non superare. Quando ciò non è possibile, la necessità di incrementare la dose diviene un campanello d’allarme per indirizzare il paziente verso un monitoraggio più stringente sia sul piano cardiologico che renale”.
Innovative sono anche le prospettive di trattamento che si potrebbero sviluppare in futuro con il sempre maggiore utilizzo dell’accesso radiale e che vedono la cardiologia interventistica del Policlinico – così riferisce l’ufficio stampa – tra i primi cinque centri, su oltre 80in tutta Europa, per numero di pazienti arruolati nello studio Matrix. Dati preliminari suggeriscono che l’accesso radiale sia una ulteriore opportunità di protezione dei pazienti dal danno renale da mezzo di contrasto. Questo ulteriore riconoscimento scientifico conferma il ruolo di una realtà che dimostra ogni giorno di crescere nei numeri, unendo in modo costante ricerca e pratica clinica.