LA PARABOLA DEL SINDACO SCALZO, DA ANTITESI DI BERLUSCONI A CAPRO ESPIATORIO

Si celebra proprio in queste ore il primo anniversario di amministrazione comunale targata Renato Accorinti. Il primo cittadino di Messina ha incarnato per diverso tempo la perfetta metafora del carro del vincitore. L’esatto contrario di Silvio Berlusconi. Quest’ultimo è, infatti, colui che per ben tre volte – nel 1994, nel 2001 e nel 2008 – ha vinto le elezioni politiche, sempre con maggioranze significative, senza che nessuno abbia mai ammesso di averlo votato. Il sindaco scalzo, invece, per un certo periodo, hanno detto di averlo votato tutti. In realtà, considerando che alle urne, il 24 maggio di un anno fa, al ballottaggio, si presentò il 45,81% degli elettori e che lui riscosse il 52,67% dei consensi, a dargli la propria preferenza è stato un messinese su quattro. Più o meno.

Con il passare dei mesi, questa suggestione di massa, che ha indotto molti, sicuramente in buona fede, a ricostruire in maniera leggermente imprecisa la propria prestazione nel segreto dell’urna elettorale, ha lasciato il posto a un’altra sindrome collettiva, totalmente in controtendenza rispetto alla precedente, ma comunque degna di approfondimento da parte di storici, sociologi e, magari, pure psichiatri. Pian, piano, tutti hanno iniziato a ricordare che quel fatidico 24 maggio 2013 il loro sostegno lo hanno dato a Felice Calabrò. Qualcuno ha iniziato a ricordare di aver votato per Giuseppe Buzzanca, qualcun altro per Franco Providenti. C’è chi è seriamente convinto di aver votato per Rudolph Giuliani. Altri ancora si sono resi conto che quel giorno non erano andati a votare, bensì al mare, in montagna o su Marte.

Il perché di questo cambio di rotta, sebbene sia avvenuto progressivamente, trova una risposta in un momento ben preciso. Il successivo 19 luglio, Accorinti fa il proprio discorso d’insediamento in Consiglio comunale. E si suicida politicamente. Proprio in quella sede, consapevole del grave gap civico, spirituale e sociale della città, afferma senza remore che per cambiare le cose occorre il contributo di tutti. Nessuno escluso. Come chiedere al Parlamento di ridurre le indennità di deputati e senatori, di approvare leggi eque e di contrastare realmente la corruzione, le discriminazioni, i particolarismi a beneficio della perequazione e del benessere generale. O come chiedere a un vigile urbano di trovare il coraggio di motivare quello stipendio mensile che puntualmente gli entra in tasca per scendere in strada e affrontare il proprio destino.

Non a caso, il discorso di Accorinti viene lungamente applaudito dalla maggior parte degli astanti. Proprio coloro che in prima battuta non lo capiscono realmente. A capire tutto, invece, sono i pochi che restano immobili, in silenzio e visibilmente contrariati.

In effetti, un bilancio del primo anno di amministrazione Accorinti è molto più semplice da stilare di quanto si creda. È la storia di un uomo che si è intestato una grande battaglia senza disporre di un grande esercito. Per nulla grande è principalmente la cittadinanza che lui vorrebbe trascinare fuori dalle sabbie mobili e che preferisce crogiolarsi e lamentarsi comodamente nel degrado al quale è abituata, piuttosto che sforzarsi di migliorare.

Fa bene, Accorinti, a temere il default spirituale più di quello economico. Poiché sa che, per quanto sarà possibile sanare oggi i bilanci, permanendo questa mentalità, il problema, insieme a tanti altri, si riproporrà ciclicamente.

Accorinti, in realtà, conosce anche i limiti del popolo per il quale si batte e che ogni giorno lo tradisce, additandolo adesso a capro espiatorio di tutto. Riconducendolo, in questo senso, sui binari berlusconiani. Per questo il 19 luglio 2013 si è disperatamente aggrappato al senso di responsabilità di tutti. E per questo, per cambiare le cose sotto il profilo amministrativo, si rivolge a dei non messinesi. Il problema è che questi signori, abituati all’idilliaca Capannori, all’efficiente Torino, trovano serie difficoltà a farsi capire da chi parla solamente il Buddace. Più che un incontro, è uno scontro tra civiltà. Con i conti perennemente in rosso per questo primo bilancio del sindaco scalzo che delle passate gestioni sta cancellando ogni cosa. Che invita tutti all’auto analisi e all’auto responsabilizzazione. Ma che, vuoi per diffidenza, vuoi per distrazione e inesperienza, dimentica di coinvolgere realmente possibili complici e probabili antagonisti.

Rimanendo di fatto solo, abbandonato soprattutto dalla sua per nulla invincibile armata.

Se son rose… ricalibreranno. (@FabioBonasera)

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