E’ ripreso il 16 febbraio innanzi al Giudice di pace di Reggio Calabria il processo a carico del Procuratore generale di Messina, Antonio Franco Cassata, imputato di diffamazione in danno della memoria di Adolfo Parmaliana, commessa nel settembre 2009 con la divulgazione di un dossier anonimo redatto, secondo l’accusa, per tentare di scongiurare la pubblicazione del libro “Io che da morto vi parlo”, biografia del professore Parmaliana, realizzata da Alfio Caruso.
La prima udienza, lo scorso 6 febbraio, si era conclusa con un nulla di fatto, dal momento che il giudice preposto aveva dichiarato di non poter giudicare l’imputato a cui era legato da rapporti d’amicizia. Oggi si aggiunge un’altra “curiosa circostanza” denunciata dalla famiglia di Parmaliana: il nuovo Giudice a breve non potrà più condurre il processo, poiché l’8 marzo compirà 75 anni e perderà così le funzioni. Prima di quella data, dirigerà la sua ultima udienza in questo processo: l’1 marzo saranno sentiti i primi testimoni.
Tra le anomalie registrate anche la clamorosa indifferenza che circonda le cronache del processo. Nel silenzio di quasi tutti gli organi d’informazione dello Stretto, continuiamo a seguire lo svolgimento delle udienze, grazie al puntuale contributo dell’avvocato Fabio Repici, che ha scritto i fatti in un documento, ricordando come “il dr. Cassata è l’unico Procuratore generale d’Italia che rivesta il ruolo di imputato; è anche, nella storia giudiziaria del paese, a mia memoria, l’unico magistrato chiamato a rispondere di diffamazione commessa con un dossier anonimo ai danni di una persona deceduta, Adolfo Parmaliana, che anni prima lo aveva denunciato al Consiglio superiore della magistratura”.
“Il decreto di citazione emesso dalla Procura di Reggio Calabria a carico del dr. Cassata porta pure la firma del capo di quell’ufficio, il dr. Giuseppe Pignatone, giusto ieri (15 febbraio) nominato dal plenum del Csm all’unanimità alla guida della Procura della Repubblica di Roma. Eppure -accusa l’avvocato – nonostante ciò, la stampa continua a serbare un ingiustificabile silenzio (ingiustificabile con ragioni confessabili) su questo clamoroso processo. A rendere ancor più grave il silenzio complice della stampa sono le parole di Adolfo Parmaliana, lasciate a tutti i cittadini onesti con la sua ultima lettera. Come se in questo paese non bastasse nemmeno un’ultima denuncia in punto di morte da parte di un eroe civile per smuovere l’attenzione della stampa.
L’udienza di oggi, dopo l’astensione del precedente Giudice, amico e frequentatore dell’imputato, si è svolta davanti a un nuovo Giudice, Antonino Scordo. Sono state trattate le questioni preliminari e ammesse le prove richieste dalle parti civili (la moglie, i figli, i genitori e i fratelli di Adolfo Parmaliana), dall’imputato, assistito dall’avv. Armando Veneto e dall’avv. Alberto Gullino, e dal Pubblico ministero. Rispetto ai testimoni indicati dal P.m., in realtà, i difensori del dr. Cassata hanno chiesto l’esclusione di due soli testimoni, uno dei quali è l’estensore di queste righe, la cui audizione, pure, era stata già invocata da Adolfo nella sua ultima lettera. Il Giudice ha accolto l’eccezione della difesa dell’imputato. Eppure, nel capo d’imputazione la Procura di Reggio Calabria ha contestato al dr. Cassata anche l’aggravante di aver agito per motivi abietti di vendetta contro il contenuto dell’ultima lettera di Adolfo. Il quale, dunque, spero mi perdonerà se il Giudice – non sono riuscito a comprendere in base a quale norma – ha deciso che io, dopo essere stato da lui onerato, insieme ad altre quattro persone, di testimoniare, non lo farò, perché così ha chiesto, attraverso i suoi difensori, il dr. Cassata. Il dr. Cassata: cioè uno dei due magistrati a cui si riferiva Adolfo nella sua ultima lettera”.