Tiene banco dalle prime ore del mattino la risposta del maestro Giovanni Renzo alle polemiche seguite alla decisione del Cda del Teatro Vittorio Emanuele di procedere alla nomina diretta dei direttori, lasciando che solo il futuro Sovrintendente passi attraverso un bando pubblico. Dopo l’intervento del consigliere Nina Lo Presti di Cambiamo Messina dal Basso, che si è guadagnato l’appellativo di “fuoco amico” viste le aspre critiche contro la stessa amministrazione con cui è stata eletta, dichiarando il proprio sconforto e la propria disillusione perchè “dopo anni di gestione Ordile e Magaudda il Teatro meritava un cambiamento radicale nei metodi e nelle scelte, un cambio di passo netto e incondizionato che inchiodasse alle proprie responsabilità chi con dolo ci ha consegnato un Teatro declassato, mortificato e umiliato” a rispondere è uno dei due “papabili” direttori artistici.
Un professionista che sembra tuttavia forgiato nelle stesse parole della Lo Presti, quando parla di “quelle forze nuove che a fatica hanno resistito a un sistema di potere forte, radicato e trasversale che ha allontanato energie, intelligenze ed eccellenze, costrette all’emigrazione e alla marginalità”. Perchè se è vero che Giovanni Renzo è un grande musicista e compositore, è anche vero che il suo prestigio è stato sempre più riconosciuto fuori dalla sua città natale.
Ecco quindi che una critica sul “metodo” ha avuto l’effetto di un attacco “personale”, da cui con la mansuetudine che lo contraddistingue, il maestro Renzo si è voluto difendere, raccogliendo sostegno e solidarietà da parte di molti esponenti di quello stesso mondo artistico di cui li si è sempre fatto portavoce anche senza incarichi istituzionali.
“Mi dispiace leggere tutte queste polemiche sulle nomine dei direttori artistici del Teatro Vittorio Emanuele, su chiamate dirette o selezione pubblica, conflitti d’interesse, gruppi di potere e quant’altro. Mi dispiace vedere il mio nome associato a queste questioni, io che sono sempre stato lontano da tutto ciò. – ha scritto in un lungo intervento sulle pagine di fb – Non ho parenti influenti nè padrini politici, tutto quello che ho me lo sono costruito con le mie mani (in tutti i sensi), in anni di studi e di sacrifici, seduto ore e ore al pianoforte in una impari lotta tra le mie piccole mani e le pagine di Chopin, Bach, Debussy. E poi il jazz, la gioia di suonare insieme ai miei fratelli musicisti, Pippo Mafali e Angelo Tripodo, un trio che non esisterà mai più. E i concerti, le musiche per il cinema e il teatro, e la composizione, lo stupore di ascoltare eseguite da solisti e orchestre le note che fino a quel momento avevo sentito risuonare solo nella mia immaginazione.
Mio padre, che mi manca più di quanto io sia capace di dire, mi ha insegnato a lavorare con serietà, onestà e dignità, qualunque strada avessi deciso di prendere, e non mi ha mai ostacolato in una scelta difficile come quella di vivere di sola musica. Perchè quello ora io faccio, con la perenne incertezza del futuro (a cui ormai ho fatto l’abitudine) e l’inebriante consapevolezza di guadagnarmi da vivere con ciò che le mie mani e il mio cervello riescono a creare, con i suoni e le immagini che dal profondo di me escono fuori a riempire il silenzio.
Quando mi è stata prospettata la possibilità di diventare direttore artistico per la musica di quel Teatro di cui tante volte ho con orgoglio calcato il palcoscenico, non ci ho pensato due volte a tuffarmi in un’avventura che sapevo sarebbe stata difficile e piena di incognite. Tanti problemi da affrontare e tentare di risolvere, i tagli dei finanziamenti, intere stagioni saltate, una Orchestra non stabile da valorizzare come merita, un Teatro da restituire ad un città affamata di cultura.
E allora ho cominciato ad informarmi meglio che potevo di quali erano i tanti problemi, ho parlato con i lavoratori, con i musicisti, mi sono documentato il più possibile, anche se non avevo nessuna certezza di diventare veramente il direttore artistico, tanto, si sa come vanno queste cose, ma non volevo trovarmi impreparato nel caso in cui fossi stato nominato.
Ad un certo punto sono stato incaricato di allestire una piccola stagione di primavera, un progetto in cui finalmente i musicisti avrebbero trovato tanti spazi per esprimere il loro potenziale, avrebbero lavorato in tre mesi più di quanto hanno fatto negli ultimi tre anni. E non importa se questo lavoro lo facevo gratuitamente, quello che mi ripagava in quel momento era vedere rinascere l’entusiamo, la speranza. Poi tutto è naufragato infrangendosi contro gli scogli delle false promesse della politica. E quando eravamo con il morale sotto i tacchi per questo ennesimo scacco abbiamo pensato di regalare alla città un momento di gioia. Una serata memorabile, la musica che dopo più di un anno tornava a risuonare nel nostro Teatro, gremito in ogni ordine di posti. Un momento che, purtroppo, finora non si è più ripetuto.
Ora che si potrebbe e si dovrebbe tentare di ricostruire invece è il momento delle polemiche, degli scontri e mi dispiace, come scrivevo all’inizio, che il mio nome venga coinvolto in tutto ciò. A me non interessa avere una poltrona a tutti i costi, se avessi pensato questo nella vita non avrei scelto di fare il musicista creativo. E per fortuna chi mi conosce lo sa bene, sa che sono schivo e riservato e che penso soprattutto a costruire, a progettare sempre nuove idee stimolanti.
Se il nuovo Cda del Teatro farà scelte differenti non sarà certo un problema, mi ritengo già soddisfatto che si sia pensato a me per il ruolo di direttore artistico e ringrazio chi mi ha dato questa fiducia. E inoltre mi sento già ampiamente ripagato dalla stima che tanti musicisti e addetti ai lavori hanno dimostrato nei miei confronti.
Ma il momento simbolicamente più bello di questo periodo e che, comunque vadano le cose, mi rimarrà dentro è quell’attimo prima di entrare in scena, il pianoforte e l’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele che mi aspettano e tutto – problemi organizzativi, fatica, polemiche – che scompare come d’incanto e rimane solo la Musica.”
Ad esprimere sostegno un vasto coro di professionisti, giornalisti e riferimenti della cultura cittadina che, di fatto, hanno rafforzato l’idea di una direzione artistica firmata Renzo. Le critiche tuttavia rimangono sull’assenza di una visione culturale e progettuale, in ambito regionale e cittadino. La questione è come sempre di carattere politico, o meglio di una politica senza carattere. Sarebbe auspicabile piuttosto rivendicare politicamente la scelta di una direzione artistica, non perchè si tratta di “nomina politica” ma perchè dovrebbe sottendere una “visione” per l’appunto. Altrimenti non sarà la possibilità di inviare un curriculum a fare la differenza. @palmira.mancuso