Sarebbe erroneo pensare che l’attuale Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sia stato un precursore nella scelta di vendere le auto blu per fare cassa. Deciso a non rinunciare alla sua t-shirt colorata ne’ alle buone abitudini, già al tempo del suo insediamento, infatti, il Sindaco del Comune di Messina aveva volentieri barattato l’auto istituzionale con un’utilitaria e, lì dove possibile, con l’amata bicicletta. Non per nulla qualche sostenitore scherzava sull’opportunità che almeno quella fosse blu.
Quasi un anno e’ trascorso e del complesso di vecchie auto amministrative ne sono rimaste due, a detta di Accorinti del tutto inutilizzate. Il Sindaco ha preferito avvalersi di una fiat punto del 2001 per gli spostamenti in città e di una Alfa Romeo per coprire distanze superiori. Che fine faranno, dunque, le auto date in dotazione ai due sindaci precedenti? Ad attenderle sarà un tentativo di permuta per ottenere qualcosa di più utile, probabilmente delle biciclette.
Ebbene si, biciclette, perché sul concetto di città vivibile Accorinti non si risparmia. “In tutto il mondo ci sono già ministri che si muovono in bicicletta- dice- adoperiamoci per fare lo stesso”. Oltretutto è prevista per l’estate, entro il 3 luglio, la consegna alla città della pista ciclabile la cui definizione è attualmente in corso d’opera, mentre un’altra che collegherà Villa Dante e Piazza Castronovo, munita di servizio di bike sharing, sarà resa fruibile entro un anno.
Non è certo il Sindaco, dunque, a dimenticarsi di rispolverare la due ruote. Compatibilmente con la propria agenda, non mette mai al secondo posto la scelta di adoperare la bicicletta, fedele compagna anche in una città che con il ciclista non è sempre così clemente.
Dall’auto blu (ma anche gialla, rossa, bianca) alla bicicletta il passo è importante. Non fa parte della nostra cultura di messinesi il pensiero di barattare la sacrosanta comodità di un sedile rivestito e confortevole, di un interno che ripara dal venticello e di un motore semplice da azionare e che ci risparmia un considerevole sforzo fisico. D’altro canto questo genere di confort costa inquinamento, spese per i parcheggi, attese in coda che sembrano interminabili.
Insomma la scelta pesa, ma se i percorsi delle piste ciclabili saranno davvero funzionali allora forse, perché no, si potrà pensare ad una conversione se non altro occasionale. (LAURA MANTI)