Che la mafia fosse una montagna di merda probabilmente lo si sapeva anche allora, nell’ormai lontano 1976, quando un giovane ma già determinato Peppino Impastato fondava a Cinisi “Radio Aut”. Ma alcune constatazioni, semplici dati di fatto, sono tanto evidenti quanto difficili da esprimere. Necessitano di molto coraggio, specie se l’abitazione del più importante boss mafioso del Paese dista solo 100 passi dalla tua. Il coraggio, sebbene lo abbia poi pagato a caro prezzo con la sua stessa vita, Impastato lo trovò presto e quella semplice affermazione, che oggi a noi sembra tanto scontata,vera e inoppugnabile, è in realtà frutto di una scommessa vincente: quella del comunicare, del dire, vincendo l’omertà e denunciando le attività illecite di colui che Peppino Impastato amava chiamare ironicamente “Tano Seduto” con riferimento a Gaetano Badalamenti, distante appunto solo cento passi.
Quasi quarant’anni dopo, riecheggia ancora l’eco di quelle parole che nessuno osava pronunciare, di quelle domande che nessuno osava porsi, diffuse tra le povere e spaventate menti comuni, che cambiarono per sempre la percezione del fenomeno mafioso e della cultura dell’illegalità. Peppino Impastato è morto, atrocemente ucciso da chi ha spezzato la sua vita, senza però riuscire a tramortire il suo ricordo, il significato del suoi ideali e soprattutto la forza di quelle onde radio che continuano ancora oggi a trasmettere e che dal nove maggio avranno una nuova casa che ospiterà la loro sorgente: non un edificio comune, perché se è vero che così come “la mafia è una montagna di merda” essa è anche un imponente rete di beni confiscatigli, Radio Aut, oggi Radio Cento Passi, si sposta percorrendo proprio quei 100 passi, accorciando distanze solo apparentemente brevi e trasferendosi in quella che fu la residenza di “Tano Seduto”. Mai un tale “scacco matto” fu così gradito.
Sulla vicenda abbiamo sentito il parere di Angela Manca, madre di Attilio Manca, l’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto ucciso dalla mafia, benché la giustizia italiana abbia ancora qualche riserva in merito a quanto accadutogli: “ Dispiace soltanto che sua madre Felicia non sia viva, sarebbe stato molto importante per lei assistere a tutto ciò. Questa è una grande conquista per lei e Peppino e per tutti coloro che chiedono verità e giustizia”.
Attilio e Peppino sono due figure diametralmente opposte, ma unite dal ponte della memoria, come simbolo del riscatto. Risponde così Angela ad una provocazione sui possibili sviluppi della sfortunata vicenda del figlio, quando le suggeriamo l’idea di un’intitolazione, similarmente a quanto accaduto nel caso di Radio Aut, della sala reparto della clinica “La Ciotat” di Marsiglia in cui Attilio avrebbe operato Provenzano (triste inizio degli eventi che portarono alla sua morte) : “Sarei più felice se ciò accadesse nell’Ospedale Belcolle di Viterbo, dove ci sono delle complicità legate alla morte di mio figlio molto più evidenti e sottaciute; basta pensare che il Primario non ha mai voluto parlare con noi. Attilio e Peppino subiscono lo stesso destino e cioè il continuo insabbiare la verità da parte dello Stato. Io ormai sono anziana – conclude Angela– quindi lascio il testimone ai giovani, con la speranza che si continui a lottare in nome di Attilio e della verità, fin quando giustizia non sarà compiuta”. [ROBERTO FAZIO]