La Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il ddl Delrio. Diventa quindi ufficialmente legge dello Stato la riforma delle Province, così come inserita nella proposta che prende il nome dall’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Il voto è arrivato al termine di un’accesa discussione, iniziata ieri con la bocciatura delle pregiudiziali di costituzionalità e proseguita oggi, con il no a tutti gli emendamenti proposti.
Il via libera definitivo della Camera ache trasforma le Province in enti di secondo livello e istituisce le città metropolitane è stato approvato con 260 voti favorevoli, 158 contrari e sette astenuti, senza ricorso alla fiducia, a differenza di quanto avvenuto la settimana scorsa al Senato.
Contro il ddl Delrio hanno votato Fi, M5S, lega, Sel e Fdi. Durante la votazione più volte il capogruppo di Fi Renato Brunetta ha urlato “Golpe! Questo è un golpe! Votiamo compatti no”. Dopo il voto, dai banchi del Pd si è levato un applauso.
In attesa che la riforma costituzionale più volte annunciata elimini dagli articoli 114 e seguenti della carta fondamentale il riferimento alle Province, il ddl Delrio ne cambia i connotati. Facendole diventare enti di secondo livello imperniati su tre organi: il presidente, che sarà il sindaco del comune capoluogo; l’assemblea dei sindaci, che raggrupperà tutti i primi cittadini del circondario; il consiglio provinciale, che sarà formato da 10 a 16 membri (a seconda della popolazione) scelti tra gli amministratori municipali del territorio. Per nessuno di questi organi è previsto un compenso. Così come non percepiranno alcuna indennità né i 52 presidenti di Provincia che sarebbero scaduti in primavera e né i 21 commissari in carica per effetto della legge di stabilità fino al 30 giugno. Fino all’inizio del 2015 quando le Province 2.0 s’insedieranno saranno questi organi a supplire al consiglio provinciale mentre gli assessori resteranno al loro posto. Sempre fino a fine 2014 e sempre a costo zero.
Al tempo stesso cambieranno le funzioni degli “enti di mezzo”. Mentre su trasporti, ambiente e mobilità avranno la semplice pianificazione, sull’edilizia scolastica manterranno la gestione e cominceranno a occuparsi anche di pari opportunità. Tutte le altre competenze passeranno ai Comuni a meno che le Regioni non preferiscano tenerli per sè. E lo stesso percorso seguiranno il personale e il patrimonio.
VIA ALLE CITTÀ METROPOLITANE
Il secondo pilastro del provvedimento è rappresentato dalla nascita delle prime 10 Città metropolitane che sostituiranno, sempre a partire dal 1° gennaio 2015, altrettante amministrazioni provinciali. Si tratta di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Roma capitale (con poteri speciali per effetto del suo ruolo), Napoli e Reggio Calabria (che partirà però nel 2016). A differenza delle Province le città metropolitane avranno dei compiti “pesanti”. Oltre a quelli rimasti agli enti di area vasta si occuperanno infatti della pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture, dell’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano, della viabilità e mobilità e dello sviluppo economico.
LE UNIONI DI COMUNI
Un terzo e ultimo gruppo di norme interessa invece i municipi. Rinviando agli altri articoli pubblicati nella pagina accanto per gli ulteriori dettagli in questa sede va segnalata soprattutto la scelta di consentire ai Comuni fino a 3mila abitanti di derogare alla regola che prevede per il sindaco un massimo di due mandati consecutivi. Portando tale tetto a tre. Al tempo stesso vengono ampliati di circa 24mila unità i posti a disposizione nei Comuni. Fino a 3mila abitanti avranno infatti un sindaco, 10 consiglieri e massimo due assessori (ora hanno solo sindaco e sei consiglieri) mentre nella fascia 3mila-10mila abitanti ci saranno un sindaco, 12 consiglieri e al massimo 4 assessori. Tutti incarichi per i quali non verrà comunque corrisposto alcun compenso.
ABOLIZIONE DEFINITIVA RINVIATA
Per l’abolizione definitiva delle Province bisognerà aspettare l’approvazione del Ddl di riforma costituzionale approvato lunedì scorso dal Cdm che abolisce il Senato elettivo e riforma il Titolo V della Costituzione.
nelle foto di repertorio Delrio con D’alia