“La palla è rotonda” e tutto può succedere “finché non arriva il conforto della matematica”, potremmo continuare scomodando il celebre gatto nel sacco del Trap o qualche aforisma di Vujadin Boskov, pescando nel reale repertorio del grande santone o in quello del genio twitterino. Ma non lo faremo perché, a dispetto di ogni reale certezza, immaginare che lo scudetto 2013-14 possa andare ad una compagine diversa dalla Juventus appare ormai un’eventualità irrealistica.
Basti pensare che i campioni in carica – in 27 giornate di campionato – hanno lasciato per strada soltanto 9 degli 81 punti disponibili, numeri che non ammettono discussioni di sorta. Per questo sfugge ad ogni logica ipotizzare che, nelle rimanenti undici partite, riescano a dilapidare il bonus oscillante tra le 11 e le 14 lunghezze (i giallorossi devono recuperare la gara interna con il Parma). Salvo che a Torino non abbiamo programmato un suicidio di massa, alla giapponese.
A meno di un mese dalla disfatta in Coppa Italia, il medesimo copione è infatti andato in scena in serie A: la Roma vede Napoli e poi muore. L’inzuccata di José Maria Callejon, al minuto 81 dell’attesissimo posticipo del San Paolo, ha sortito lo stesso effetto di una sentenza sulle residue velleità degli uomini di Garcia, rei di non aver saputo concretizzare, complice un grande Pepe Reina, le occasioni procuratesi per portarsi avanti nel derby del Sud. Tre punti d’oro per i partenopei, che dimezzano momentaneamente lo svantaggio dai capitolini e continuano a cullare il sogno secondo posto, l’ultimo utile per entrare in Champions dalla porta principale. I bianconeri, dal loro canto, avevano ultimato la pratica Fiorentina già all’ora di pranzo, primo atto della maratona calcistica che vedrà le due squadre duellare anche negli ottavi di finale di Europa League. Il gol del Kwadwo Asamoah fresco di rinnovo, nonché autentico valore aggiunto in questa fase della stagione, è stato sufficiente per avere la meglio su una Viola che, a conti fatti, avrebbe potuto strappare un pareggio per quanto espresso nella ripresa. Antonio Conte, dopo il fischio finale, si era sbilanciato parlando di obiettivo centrato al 50%, ma alle 22.44 di ieri sera la percentuale è salita almeno al 75%: sartoria già allertata, l’iter per la cucitura del tri(s)colore sulla maglia della prossima stagione è stato già avviato.
Aprendo adesso la parentesi dedicata all’Europa meno nobile, fanno registrare un considerevole rialzo le azioni di Inter e Parma. I nerazzurri, davanti al pubblico amico, hanno capitalizzato la prodezza di Rodrigo Palacio per sbarazzarsi dell’incerottato Torino; mentre i ducali si sono imposti sul Verona, nello spareggio del Tardini, grazie alle reti di Biabiany e Schelotto. Nel silenzio assordante dell’Olimpico (la contestazione nei confronti di Lotito sta toccando apici rilevanti), si è invece materializzata la frenata della Lazio, costretta alla resa da un’Atalanta che sin qui aveva raccolto la miseria di 5 punti lontano da casa. Agli orobici è bastata una zampata di Maxi Moralez per espugnare la Capitale.
Il match più avvincente del pomeriggio si è indubbiamente rivelato quello di Marassi. L’eroe della domenica Ibrahima Mbaye ha fatto sognare il Livorno per 45 minuti, ma dopo l’intervallo la sveglia blucerchiata ha risuonato senza soluzione di continuità, concretandosi in un poker che di fatto pone al riparo la Samp da qualsiasi spauracchio: Sinisa Mihajlovic aveva l’onere di condurre in porto la ciurma doriana, lasciata in balia della burrasca da Delio Rossi: missione compiuta.
Facendo un passo indietro, uno squillo di Totò Di Natale nel primo anticipo del weekend aveva consentito all’Udinese di bypassare l’ostacolo Milan ed archiviare, così, nel migliore dei modi la settimana del ritiro punitivo. I rossoneri, a giudicare dall’undici iniziale schierato da Seedorf, erano già con la testa al Vicente Calderon, dove martedì sfideranno l’Atletico Madrid nel ritorno degli ottavi di Champions League. Scelta discutibile quella del tecnico olandese, che ha dimostrato di credere più al miraggio quarti di finale (ammesso e non concesso, quanta altra strada farebbero eventualmente i suoi ragazzi?) piuttosto che al traguardo – non semplice da raggiungere, per carità – rappresentato dall’Europa League. In tempi di vacche magre, probabilmente, sarebbe servito un maggior senso pratico senza badare troppo agli antichi splendori.
Per ciò che concerne la bagarre salvezza, infine, spicca il gran balzo del Chievo che, superando il Genoa nel finale al cardiopalmo, abbandona la terzultima posizione – ora appannaggio del solo Livorno – e scavalca contestualmente il Bologna, fermato sullo 0-0 al Dall’Ara dal Sassuolo nello scontro diretto più caldo di giornata. Neanche il Catania è riuscito a sfruttare il fattore campo: l’1-1 maturato sabato col Cagliari al Massimino inguaia ancor di più gli etnei, attesi adesso da un ciclo terribile (Juve e Napoli nelle prossime tre). La classifica tuttavia, tanto per ribadire il solito refrain, resta sempre corta e i margini per tentare l’impresa, calcolatrice alla mano, sussistono ancora.
JODY COLLETTI Twitter: @jodycolletti