“L’ULTIMA RAGIONE DEI RE” DI JOE ABERCROMBIE: IL CINISMO E L’IRONIA DI UNA NUOVA STRADA DEL FANTASY

Tra gli eventi più attesi e interessanti della rassegna Cominks appena conclusa, non possiamo che annoverare la visita, per la prima volta in Italia, di Joe Abercrombie, autore fantasy che ha presentato, in anteprima nazionale, L’ultima ragione dei re, l’ultimo volume della trilogia La prima legge, disponibile nelle librerie dal 6 Marzo.

Ritenuto uno tra i migliori tra i giovani autori fantasy, la particolarità della scrittura di Abercrombie è caratterizzata da un ruolo della magia meno rivelante rispetto allo sguardo cinico su una realtà dominata dal potere del denaro. Certamente il modello ideale dello scrittore rimane il grande quanto insuperabile Tolkien, in cui i continui scorci di storia presentati su più punti di vista mostrano un forte senso di realtà.

Come è stato evidenziato da Marco Longobardo, presidente dell’associazione Neapolis, che ha mediato l’incontro, il personaggio più amato e più affascinante per i lettori è Glokta, un torturatore che ogni giorno vive le conseguenze del suo passato, un passato da grande eroe, ma anche da grande torturato, tanto da portarne i segni fisici. In un tipo di racconto in cui sangue, violenza, guerra si succedono con ciclicità continua il lettore cerca di trovare tra le pagine di Abercrombie la speranza di un cambiamento, che seppur positivo, si rivelerà tale unicamente per un periodo breve, come, dunque, una semplice sospensione di uno statuto che appare, invece, costante: la visione avvelenata delle cose.

“Mi piace sentire anche la spiacevolezza della carne umana, la sua crudezza”, dichiara Abercrombie, tanto da ammettere che l’attenzione alle azioni belliche è stata influenzata molto dalla passione per il genere western, dal più classico di John Ford a quello nostrano di Sergio Leone. Una passione evidente proprio nel recente Red Country, non ancora tradotto in Italia. Il sangue che costeggia la narrazione di Abercrombie nasce sempre da un’esigenza importante per lo scrittore: “voglio raccontare l’opposto, ciò che è rotto, strappato, perché nella vita non ci sono conclusioni così semplici. Voglio raccontare il danno anche di chi rappresenta ed esercita la violenza”. L’anti-eroismo presentato da Abercrombie, infatti, vuole mostrare l’errore dicotomico della visione tra il bene e il male e interrogarsi, invece, su chi fa cosa.

joe_abercrombieI suoi racconti, fatti “per un lettore attento e fedele”, nascono da una scrittura che non ha nulla di romantico, quanto, invece di pianificato: “il mio è un lavoro, non aspetto che arrivi l’ispirazione perché rischierei di bloccarmi, però bado molto al momento della cesellatura, in cui rivedo ed apprezzo ciò che ho scritto”. Al contrario di come si potrebbe comunemente pensare, Abercrombie non è un grande lettore, soprattutto del fantasy, quanto uno stimatore di analisi storiche, in particolare antiche e medievali; la lettura, dice ironicamente “mi toglierebbe tempo a giocare al pc!”.

Dopo la fine della trilogia, Abercrombie si sta dedicando a nuovi progetti di natura diversa ai precedenti. Dopo sei romanzi molto complessi, per un pubblico adulto, ha scelto di provare a cimentarsi in un nuovo genere vicino ai più giovani, il young-adults, una sfida che ha voluto accogliere senza compromessi, ma di cui non sappiamo quanto gli italiani apprezzeranno. Quello che per Abercrombie senz’altro costituisce l’elemento più bello della sua attività di scrittore è continuare ad incontrare persone che si sono sentite cambiate dai suoi racconti, che hanno trovato nuove ragioni di loro stessi e della realtà, quello è il momento in cui, crede, che la sua narrazione ha raggiunto il suo massimo effetto: il fascino.

 

(CLARISSA COMUNALE – foto Paolo Galletta per Cominks)

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