Nella mia vita ho visto mio papà commosso solo tre volte: quando morì sua madre, quando uscì dalla visione di Nuovo Cinema Paradiso e quando inaugurò l’Iris.
Per chi lo conosceva sa quanto fosse incredibile che lui, che viveva di cinema, si potesse commuovere alla visione di un film: mio papà era un imprenditore, di quelli veri e di quelli bravi; la bellezza di un film era misurata dall’incasso che produceva. Era una delle tantissime cose che gli rimproveravo prima di ereditare il cinema e su cui ho dovuto dargli ragione un istante dopo aver avuto sulle spalle la responsabilità di gestire un’azienda.
Mia mamma era l’anima romantica del cinema invece; da questo punto di vista si completavano, ed era divertente vedere come ogni volta che mia mamma usciva contenta dalla sala dopo aver visto un film, mio papà brontolava: “Sto film non fa una lira!”. Tra le altre cose Nuovo Cinema Paradiso ha avuto il merito di metterli d’accordo per una volta.
Fatta questa premessa diventa più comprensibile come mi sia rimasta impressa la scena di mio papà che uscì dalla sala dell’Aurora con gli occhi umidi di commozione: è stato un piccolo shock.
Ma la storia di un bambino povero che vive con la sorella e con la madre, con un proiezionista ed una cabina di proiezione che gli fanno da padre, era esattamente la storia di mio padre: ovvio che lo colpisse al cuore, ovvio che poi fece quello che fece per far sì che il film andasse bene.
Ieri ero presente alla Gazzetta del Sud quando Tornatore raccontò dell’anomalia del cinema Aurora: come mai un film che in tutta Italia incassò poco più di 100 milioni, a Messina ne incassò 70?
Il primo giorno di programmazione fu un disastro, il cinema deserto e mio papà che non faceva altro che camminare avanti ed indietro, pensare vorticosamente, ed ogni tanto muovere le labbra parlando da solo (era uno dei momenti in cui gli veniva una qualche idea brillante, come quella volta che si mise in testa di costruire un sottopassaggio che unisse l’Iris a non mi ricordo cosa); bé, l’idea brillante gli venne davvero, e mi piace pensare che fu da quell’idea che Nuovo Cinema Paradiso arrivò a vincere l’Oscar: nei giorni successivi la gente entrava al Cinema gratis a vedere il film, e pagava il biglietto solo dopo la visione e solo a patto che il film fosse piaciuto.
Ieri Tornatore, quando raccontava l’episodio, si chiedeva come avesse fatto mio padre a fare una cosa del genere, se avesse messo un cartello fuori dal cinema, o chissà cosa: nessun cartello. Ogni volta che qualcuno osava dare un’occhiata al manifesto del film, Giovanni Parlagreco, che era appostato di fronte l’ingresso dell’Aurora, lo avvicinava e non lo mollava finché non avesse acconsentito ad entrare al cinema a vedere il film. E se pensate che l’Aurora era praticamente a Piazza Cairoli, quindi con una densità di “passìo” importante, capite bene quanta gente abbia adescato mio padre allora. E la cosa più incredibile è che tutti hanno pagato il biglietto a fine film, nessuno ha avuto voglia di fare il furbo, e il film è piaciuto a tutti.
Ecco spiegata l’anomalia del cinema Aurora.
Ed ecco perché voglio ringraziare Tornatore.
Grazie perché il Cinema è un’arte talmente potente che può colpire il cuore di chiunque, anche il più insospettabile, e come il Cinema ci insegna, la storia di un film e di un uomo che se ne innamora, è la storia di chiunque riesca a sognare grazie ad un film: ed è per questo che ringraziando Lei, io ringrazio il Cinema che, come mi è stato detto molte volte da tanti addetti ai lavori, non è un lavoro, è una malattia, che sono felice di avere ereditato.
(U.P.)