Esattamente un anno fa, in risposta all’autorizzazione a Messina di un corteo regionale di Forza Nuova, una composita rete di attivisti ha organizzato una manifestazione antifascista conclusasi con l’occupazione del teatro in Fiera. Il giorno, 15 dicembre, non è casuale: è l’anniversario della morte dell’anarchico Pinelli ed è, per la città di Messina, la data d’inizio di un percorso nuovo, diverso, capace di smuovere il sentire comune: l’esperienza del teatro Pinelli.
Il teatro in Fiera era in uno stato in cui solo diciassette anni di abbandono possono ridurre qualsiasi edificio: un palcoscenico vuoto, una platea di macerie e calcinacci, tutto da ricostruire, come le fondamenta della cultura in città, come un tessuto sociale fino a quel momento inesistente.
“Il palco del teatro in Fiera” spiega Irene Romeo, attivista del teatro Pinelli, “è stato il primo trait d’union fra le tante soggettività presenti all’occupazione: ciascuno si è sentito attore protagonista della realtà che sperava per Messina”.
Ed è da questo punto comune che è iniziato un percorso che ha portato all’organizzazione di eventi culturali da un lato, ed alla costruzione di una vera e propria base comune organizzativa e politica dall’altro, con una forte inerenza al territorio in entrambi i casi. “Abbiamo cercato di creare uno spazio degno di esser detto comune senza fini lucrativi” specifica ancora Irene Romeo “allargandoci anche a tematiche apparentemente più distanti dai nostri obiettivi originari, sentendo di dover attivarci per tutti i no per cui si battono i nostri concittadini, dal no Tav al no Muos”.
Certo questo primo anno di attività non è stato facile, e forse non è stato pienamente compreso: l’occupazione del teatro in Fiera ha generato una reazione forte, come ha detto anche Tonino Cafeo, altra presenza costante all’interno del Pinelli: si è aperto un conflitto con le autorità cittadine, il prefetto e l’autorità portuale in primis, il cui ruolo è stato ambiguo sin dall’inizio. Si è passati infatti dal mettere sotto i riflettori l’attività degli occupanti – forse, col senno di poi, per tentare di ricondurre entro l’ordinario quello che sin dall’inizio si è annunciato come un fenomeno straordinario- per poi arrivare ad uno sgombero forzato del teatro in fiera, con un dispiegamento di forze eccessivo da parte delle autorità rispetto all’offensività dell’occupazione. E l’ingresso del collettivo (dopo l’intermezzo delle ZTL) all’ex casa del portuale, il 25 aprile 2013, non ha disteso i rapporti con le autorità: ci si chiedeva, dall’interno dei palazzi del potere della città, di chi fosse il plesso dell’ex casa del portuale, o a che titolo il writer Blu avesse messo su un ” muro delle meraviglie” in un quadrilatero di abbandono e degrado ambientale.
Ma oltre le conflittualità, oltre le difficoltà, c’è la costanza, la dedizione del collettivo del teatro Pinelli, c’è una nuova coscienza culturale, c’è la volontà di riattivare le zone morte di Messina, di superare ogni divario fra come si vorrebbe apparire e come si potrebbe essere. C’è un palco nuovo, costruito dal collettivo, su cui discutere, mettere in scena, confrontarsi, pianificare il cambiamento.
“Le strade sono di chi ama”, buon compleanno Teatro Pinelli. (FEDERICA ARENA)