Quando Chiara d’Assisi entrò in convento aveva solo diciotto anni, correva l’anno 1211. La fuga da una nobile famiglia e da una vita già disegnata,la portarono ad un’esistenza di radicale disobbedienza, che la vedrà costituire, grazie all’incontro con San Francesco, il gruppo delle clarisse, combattendo con tutte le sue forze il potere sovrano dell’istituzione ecclesiastica. Dall’altra parte, circa ottocento anni dopo, una ragazza, Chiara Mandalà, chiede insistentemente a Dacia Maraini di studiare e scrivere sulla famosa santa umbra. Si costruisce così l’ultimo romanzo della scrittrice toscana, Chiara di Assisi – Elogio della disobbedienza (ed. Rizzoli), che è stato presentato ieri alla libreria Ciofalo, mediato dalla professoressa Patrizia Danzè e dalla partecipazione di una studentessa del Liceo classico “G. La Farina”.
Dacia Maraini intraprende, attraverso la ricerca di un passato molto lontano, un percorso che intende trovare un senso al presente. Un senso ad un’identità femminile perennemente in conflitto, complessa, problematica, interrogativa.
Non è un caso, infatti, che il testo sia costellato da interrogativi sempre più incalzanti, domande che conducono il lettore ad intraprendere lo stesso viaggio di ricerca seguito dall’autrice.
Una corrispondenza, quindi, pungente e stizzosa inizialmente, diventa il motivo letterario per Maraini di entrare nel mondo della grande Santa Chiara, una donna, come è descritta dalle consorelle “paziente, amorosa, gentile, umile e vergine”. Una donna moglie, sposa di Cristo, disobbediente alla Chiesa ed estremamente obbediente alle parole del frate Francesco, silenziosa e democratica, “humile, benigna et amorevole”, come ricordano le sorelle di San Damiano.
Fondamentali ed espliciti i riferimenti storici e bibliografici: a partire dall’indagine storica di Chiara Frugoni fino alle importantissime testimonianze delle consorelle di Chiara, attraverso cui l’autrice è riuscita a costruire il racconto della vita di convento.
Ma ciò che scatena “l’incantesimo narrativo” è qualcosa di molto singolare, raccontato non solo nel romanzo, ma anche dalla stessa Maraini: “nel momento in cui i miei protagonisti mi appaiono in sogno, vuol dire che sono entrata finalmente nel loro mondo e che sono pronta a scrivere”. Un romanzo, infatti, disseminato da molti riferimenti onirici, tra cui in particolare la descrizione di un sogno raccontato dalla stessa Chiara, rompendo eccezionalmente la regola del silenzio, in cui beveva il latte “divino” dalla mammella di San Francesco, episodio assurdo, ma perfettamente normale per la santa umbra in cui il maschile e il femminile costituiscono un unicum.
Accanto all’aspetto spirituale, però, Dacia Maraini sottolinea anche quello civile, tanto da poter accostare l’atteggiamento di Chiara a quello dell’Antigone sofoclea. La piccola donna entrata nel chiostro nel 1211, passerà la vita a chiedere che sia confermata la regola delle clarisse: abolizione delle gerarchie, rinuncia del privilegio delle proprietà, povertà assoluta, vivendo soltanto delle elemosine raccolte dai frati francescani. L’approvazione di tale regola sarà sancita soltanto due giorni prima della sua morte, 11 Agosto 1253, dalla bolla del papa Innocenzo IV. Con la canonizzazione avvenuta in tempi record nell’ottobre dello stesso anno, la Chiesa riuscì a smussare e modificare la regola, riportandola a canoni ben più accolti dall’istituzione ecclesiastica, mantenendo, però, intatta la fama e l’amore che il popolo ha provato e continua a provare per lei.
Il comportamento di Chiara all’interno del convento è stato definito da Dacia Maraini assolutamente democratico: “la piccola volitiva Chiara di Assisi è stata una antesignana della difesa dei diritti della donne, anche se non ha mai pensato in termini di rivendicazione, sentimento lontano dalla sua natura e dalle sue scelte di vita. Ma certamente ha messo in pratica quello che molte donne avrebbero voluto e non hanno potuto fare: conciliare una adesione formale alle regole misogine disposte dall’altro con una prassi di libertà. Una libertà non dettata da egoismi e vendette, ma da una fedeltà ancora più profonda alle proprie scelte religione. Padrona di sé, autonoma nella elaborazione di un pensiero proprio, rivendicatrice di una libertà se non sociale, cosa impossibile per quei tempi, per lo meno psichica e mentale” (pp. 102-103).
Chiara d’Assisi è l’esempio di un immaginario medievale estremamente misogino, tanto da impedire la predicazione femminile ritenendo che la parola della donna sia impura. Il monastero diventa così una prigione, entro cui, però, trovare una nuova libertà. Scrive Dacia Maraini: “mi interessa il corpo imprigionato. Mi interessa il corpo velato. Il corpo mutilato, ma anche gioioso e abitato da una sensualità segreta e pronta alla sublimazione. Mi interessa il convento come luogo di collegialità e di pensieri celati, come luogo di obbedienza ma anche di una profonda e arcana libertà” (p.124).
Nello sguardo che l’autrice toscana rivolge a Santa Chiara si riscontra, dunque, una grande attualità di questo straordinario personaggio storico, il quale ci ricorda che molti conflitti e battaglie delle donne non sono ancora terminati. Il suo sguardo “laico”, però, rivela un grande interesse per il mistero, che parte sempre dal ritenere indiscutibile la “sacralità” della vita. Dunque, nell’elogio alla disobbedienza di Chiara d’Assisi subentra l’elogio all’amore, una “pura gioia d’amore”.
Dacia Maraini è la scrittrice italiana più conosciuta al mondo. è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie e saggi, editi da Rizzoli e tradotti in venti Paesi. Nel 1990 ha vinto il Premio Campiello con La lunga vita di Marianna Ucrìa e nel 1999 il Premio Strega con Buio. Nel 2011 è stata candidata al prestigioso Man Booker Prize. Il suo ultimo libro è la raccolta di racconti L’amore rubato (Rizzoli 2012).
(CLARISSA COMUNALE) foto di Serena Capparelli