Il monday night dell’Olimpico, appena conclusosi con la spettacolare vittoria del Napoli, impostosi sulla Lazio per 4-2, manda in archivio la quattordicesima di serie A, altra giornata utile a delineare una bozza di classifica che, con il trascorrere delle settimane, sta gradualmente assumendo contorni sempre più definiti. Quando mancano cinque turni al giro di boa, lo scudetto sembra sempre un affare a tre, la bagarre europea va facendosi sempre più interessante al pari della lotta salvezza, che ad oggi coinvolge sette compagini ma che presto potrebbe risucchiarne altre che attualmente stazionano nella terra di mezzo. Scattata la fotografia, analizziamo nel dettaglio quanto accaduto sul rettangolo verde a partire dalle due spettacolari sfide odierne.
I partenopei, trascinati da un Gonzalo Higuain ripropostosi in grande spolvero con una doppietta, hanno avuto la meglio sugli uomini del sempre più svizzero Petkovic al termine di una contesa che li ha sempre visti condurre i giochi, la prodezza di Keita e l’autorete di Behrami – valsa il momentaneo 1-1 – han tenuto vive le speranze biancocelesti, ma il blitz dei campani, griffato anche Pandev-Callejon, non fa una grinza. Con questo exploit, gli azzurri tengono il passo della Juve battistrada e rosicchiano due punti alla Roma, adesso la piazza d’onore dista soltanto tre lunghezze. Lo show della Capitale ha fatto il paio con quello andato in scena nel teatro del Franchi a partire dal tardo pomeriggio. L’altrettanto rocambolesco 4-3, con il quale la Fiorentina ha regolato il Verona, è maturato al termine di una partita entusiasmante, che non ha lesinato colpi di scena dal primo all’ultimo minuto. Da notare come sei delle sette reti rechino in calce la firma di attori dall’idioma marcatamente neolatino: Spagna, Argentina, Brasile e Perù i paesi rappresentati nel tabellino dei marcatori, con Borja Valero e Iturbe sugli scudi ed il solo Pepito Rossi, peraltro nato negli States, a tenere alto il vessillo nazionale dagli undici metri.
Venendo adesso ai match giocatisi nel weekend, i tre incontri di cartello han chiamato tutti in causa Renato Cesarini, l’oriundo scomparso ormai 44 anni fa ma guadagnatosi l’immortalità calcistica grazie alla sua celeberrima “zona”. Al minuto 91 di Juventus-Udinese, il solito Fernando Llorente ha fatto venir giù lo Stadium con un’inzuccata sotto misura che consolida le velleità bianconere in ottica tri(s)colore. Il Toro di Pamplona continua a vedere rosso, delizia per i 12.000 bambini assiepati eccezionalmente sugli spalti, croce per la Roma di Garcia, che solo al 90′ è riuscita a riagguantare l’Atalanta con la zampata di Strootman. L’ennesima frenata dei giallorossi che, pur potendo recriminare per un rigore non concesso, a Bergamo hanno inanellato il quarto pareggio di fila, potrebbe restare indelebile sull’asfalto del massimo campionato edizione 2013-14. La Vecchia Signora prosegue infatti spedita la sua corsa a marce alte: il sesto successo consecutivo, conseguito contro i friulani ottimamente messi in campo da Guidolin, corrobora ulteriormente le ambizioni dei campioni in carica, sorretti da uno strepitoso Buffon, che in ben tre occasioni si é dovuto superare per evitare lo svantaggio, ma che adesso dovranno fare a meno per un po’ del loro faro Andrea Pirlo, che potrebbe restare lontano dai campi per oltre un mese.
Esordio amaro da presidente a San Siro per Erick Thohir: la sua Inter è stata infatti raggiunta ad un minuto dalla fine dalla sventola mancina del brasiliano Renan, che ha regalato alla Sampdoria – coriacea e rinfrancata dal nerbo di Mihajlovic – un pareggio assolutamente meritato. Per rimanere in tema, funziona anche la cura Corini. Riprese in mano le redini del Chievo successivamente all’esonero di Sannino, il buon Genio, dopo quelli conquistati all’esordio nella stracittadina veronese, mette in cascina altri tre punti contro il Livorno, caduto sotto il fuoco dei cecchini Rigoni, Thereau e Paloschi. Con questa vittoria, i gialloblu abbandonano l’ultima piazza, adesso appannaggio del solo Catania, club in seno al quale l’avvicendamento in panchina non ha invece segnato la svolta, anche se – come evidenziato su queste colonne già ad inizio stagione – le colpe principali vanno addebitate non a Maran e De Canio, bensì alla società nella persona del presidente Pulvirenti, che in estate pensò bene di trasformare in vice presidente operativo sul mercato il procuratore argentino Pablo Cosentino: il paragone con i predecessori Gasparin e Lo Monaco da subito aveva generato imbarazzo. Nel calcio, specie ad alti livelli, nulla si improvvisa, e la sconfitta di ieri contro il Milan al Massimino rafforza la candidatura etnea alla retrocessione. I rossoneri dal loro canto, archiviata (almeno per il momento) la faida interna Galliani-Barbara Berlusconi grazie all’intervento del decaduto Cavaliere, con l’arrivo di dicembre son riusciti finalmente a vincere il primo confronto lontano dalle mura amiche. Al di là del ritorno al gol in campionato dopo 70 giorni di Mario Balotelli, la differenza l’han fatta i due Ricky – Montolivo e Kaká – con il brasiliano giunto al terzo centro consecutivo, Champions compresa. Tanta roba per un’annata in cui evidentemente si naviga a vista.
Nelle rimanenti tre partite, infine, si è registrata la spartizione della posta. Ieri al Sant’Elia di Cagliari, dove i padroni di casa nella ripresa son riusciti a raddrizzare una gara che sembrava compromessa, considerato che all’intervallo il Sassuolo era rientrato negli spogliatoi forte del doppio vantaggio; sabato nei due anticipi disputatisi, rispettivamente, a Marassi ed al Tardini: identico il finale, sia Genoa-Torino che il derby della via Emilia tra Parma e Bologna si sono infatti conclusi sul punteggio di 1-1, un gol per parte all’insegna della fruttuosa politica dei piccoli passi.
JODY COLLETTI Twitter: @jodycolletti