Omicidio Quaranta: ergastolo al fidanzato. Le parole della famiglia e del CeDAV

di Veronica Pagano – La Corte d’Assise di Messina mette un primo punto sulla vicenda che ha scosso un’intera comunità. Era fine marzo 2020 quando, in pieno lockdown, la notizia del femminicidio della giovane studentessa Lorena Quaranta ci destava come se ci avessero buttato addosso un secchio d’acqua gelida: un effetto raggelante.

Di lì a pochi giorni sarebbe arrivata la ricostruzione shock di quegli attimi terribili, dalle parole del suo stesso aguzzino: il fidanzato Antonio De Pace. Ieri, 14 luglio, a oltre 2 anni da quella maledetta notte, è arrivato il verdetto implacabile: i giudici messinesi hanno riconosciuto la colpevolezza dell’imputato infliggendogli la pena più dura, il carcere a vita.

Lorena Quaranta, la famiglia: “Nessuno potrà mai riportarci te”

Ai social la famiglia della favarese Lorena Quaranta ha voluto lasciare i propri pensieri subito dopo la pronuncia della sentenza. Breve e struggente il messaggio della sorella: “Nessuno potrà mai riportarci te, nulla potrà colmare il nostro vuoto o affievolire il nostro dolore, ma dopo due anni, finalmente, giustizia è stata fatta”.

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Antonino De Pace.

Così invece si è espresso il padre di Lorena, che non lo nomina nemmeno De Pace, ma a lui è chiaramente diretto il messaggio nella sua parte finale: “In attesa della giustizia divina, quella terrena ha elevato la sua voce. L’ergastolo è poca cosa in confronto ad una vita spezzata, ma è quanto era necessario attendersi e ambire. Che possa servire da monito, che possa fermare la mano di tanti che si nascondono dietro una maschera di perbenismo e pseudo sorriso. Che possa adesso – prosegue – fermare il tempo a chi si è reso protagonista di tanto orrore e possa finalmente elaborare e comprendere il male, l’orrore e la tragedia che le sue mani hanno portato a termine con estrema leggerezza. Il dolore mai assopito – conclude – che con il passare dei giorni, dei mesi e degli anni è diventato lancinante, possa adesso attraversare quelle barriere alzate e farsi sentire con tutta la sua potenza in modo che possa essere perennemente presente in ogni suo respiro”.

CeDAV Onlus: “quanto vale la vita di una donna?”

Sulla pronuncia è intervenuta anche la CeDAV Onlus: “Il femminicidio di Lorena Quaranta – dichiara la Presidente avv. Maria Gianquinto – è l’assassinio di una donna, di una compagna, deciso ed eseguito da un uomo, dal suo compagno, in quanto la stessa non ha accettato di ricoprire il ruolo a cui l’uomo avrebbe voluto relegarla”.

Unico centro antiviolenza riconosciuto parte civile del processo, il CeDAV Onlus è da sempre in prima linea nella difesa dei diritti e della vita delle donne. Al CeDAV andrà quindi il risarcimento danni, come giustamente riconosciuto dalla Corte, a conferma del “ruolo determinante e prioritario svolto nella lotta contro ogni forma di violenza maschile agìta sulle donne”.

“Ma quanto vale la vita di una donna? Una domanda che può apparire scontata – dichiara l’avv. Gianquinto – ovvia anche banale e assurda nella sua drammaticità ma che purtroppo, ancora oggi, non è priva di senso e continua a imporre una seria riflessione collettiva laddove la vita di una donna è ancora vilipesa, screditata, squalificata e calpestata anche quando – conclude – dovrebbe essere elevata a simbolo di lotta in difesa di ogni diritto fondamentale che in essa trova compimento”.

Processi per femminicidio: un dibattito ancora aperto

La Presidente Gianquinto interviene quindi su quella che è una prassi processuale persistente: porre “sotto esame la donna offesa dal reato, la sua vita, le sue abitudini, i suoi interessi nel tentativo di attenuare i profili di responsabilità degli imputati, giustificando le loro condotte e – afferma – dimenticando troppo spesso e non senza colpevole collaborazione, che quando la vita di una donna viene maltrattata, lesa o uccisa, oltre la sfera individuale viene coinvolta anche quella collettiva in cui tutte le donne sono intimamente toccate in un’ottica di responsabilitá dell’intera società e di tutela di diritti fondamentali“.

Tornando al processo Quaranta, Gianquinto ricorda come la ricostruzione rigorosa dei fatti e delle modalità con cui è stato compiuto l’orrendo delitto, insieme con la perizia psichiatrica sull’imputato, hanno permesso di “delineare in maniera chiara e fuori da ogni possibile dubbio i profili rilevanti attinenti la lesione dei diritti soggettivi”.

Il Sindaco di Favara: “l’ergastolo non restituisce una figlia all’amore dei suoi genitori”

“La condanna all’ergastolo dell’assassino di Lorena Quaranta non restituisce una figlia all’amore dei suoi genitori, non risarcisce loro per l’enorme e spaventoso dolore provato”. Così Antonio Polumbo, sindaco di Favara, paese d’origine della vittima, che conclude: “è nella giustizia che dobbiamo riporre sempre la nostra fiducia, perché dinnanzi a certi gesti crudeli e incomprensibili, solo ad essa ci possiamo aggrappare”.

 

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