di Michele Bruno – Renato Ciraolo, l’uomo che a tutti gli effetti può essere definito il simbolo e la mente del Circolo di lettori Pickwick, è stato per lungo tempo al centro di un contenzioso con Messinaservizi. Recentemente ha divulgato una nota con cui contesta l’operato nei suoi confronti della Messinaservizi, che per lungo tempo avrebbe bollinato i rifiuti di Ciraolo con l’adesivo rosso, con l’indicazione di “non conformità” (si veda qui).
Scrive Ciraolo:
«Il contrasto surrettizio con gli operatori di Messinaservizi per una mia presunta infrazione al loro regolamento organizzativo, inaugurato con la sospensione del ritiro dei miei rifiuti l’8 novembre 2021 poche ore dopo la lirico-mediatica gogna orchestrata dal sindaco(sic!) De Luca sulla documentazione di un filmato illecito di un anonimo delatore zelante, è stato cassato dall’ingiunzione telefonica agli uffici dell’azienda di raccogliere i rifiuti abbandonati da lunedì 10 gennaio inevitabilmente accumulatisi davanti la mia abitazione.
L’obbligo imposto dall’autorità sanzionatoria all’azienda di ripristinare il servizio di raccolta tanto lungamente quanto inopinatamente interrotto e l’inscindibile prevalenza del mio diritto alla inviolabilità del domicilio, art.14 della Costituzione, per cui ho volontariamente accettato secondo le mie esigenze un solo mastello, offrono sufficienti indizi per diradare
abbastanza nebbia per consentire di delineare i contorni di una cronaca di inquietante prepotenza politico- istituzionale meritevole d’essere indagata fino in fondo per interesse pubblico».
Il fatto che sarebbe cessata la bollinatura in rosso dei rifiuti di Ciraolo, con la ripresa da parte degli operatori di Messinaservizi della raccolta dei rifiuti stessi, porterebbe secondo Ciraolo stesso a considerare erroneo il comportamento degli operatori fino a quel momento.
E continua Ciraolo, raccontando tutta la vicenda:
«Sospetta è la cronologia dei fatti succedutisi in un breve arco temporale: alle 11,40 di domenica 7 novembre il pedinamento e il filmato anonimo ai cassonetti di Villa Dante, alle 19 la formalizzazione del presunto reato al mio domicilio di tre vigilesse, tutti
filmati nell’atto della notifica da un ignoto, almeno a me, regista preventivamente avvertito, nel tardo pomeriggio di lunedì 8 novembre la messa in onda dei filmati col commento derisorio del sindaco, poco dopo la mia verifica documentata della sparizione dal bidone dei cartoni spacciati per sacchetti di spazzatura, la stessa notte la sospensione del ritiro del rifiuto, l’indomani la comparsa del primo bollino rosso di non conformità.
Certamente atti di singoli soggetti: un delatore anonimo, componente della società civile, tre vigilesse, i dipendenti di Messinaservizi, e infine il sindaco di Messina , tutti membri dell’amministrazione cittadina, per definizione e compiti al servizio della comunità nella legalità; di singoli soggetti, che tuttavia configurano un’azione concordata, di esito deludente, ma non scoraggiante, se con molta probabilità ha suggerito di continuare l’avventurosa campagna dei bollini rossi mendaci».
E chiarisce:
«Infatti, etichettare col giudizio di non conformità un contenuto regolarmente selezionato con attestazione filmata, equivale a farsi sbugiardare della realtà della plastica che è plastica, della carta carta, e così via.
Nella pragmatica linguistica un tale messaggio semanticamente senza senso è classificato come atto linguistico non comunicativo, ma sfacciatamente perlocutorio, intento non alla comprensione del destinatario in vista dell’intesa, bensì alla costrizione dei suoi comportamenti. Quindi, per inferenza abduttiva i bollini rossi sono un indizio “cruciale”, giacché, se il loro occasionale impiego improprio è una negligenza censurabile per le conseguenze sull’utente, l’abuso programmato ne fa uno strumento illegale per finalità estranee all’azienda.
Non senza motivo il filmato col mio commento di un bollino rosso su un contenitore senza contenuto, svelando gli intenti dolosi dell’operazione, ha provocato l’improvvida dichiarazione del presidente di Messinaservizi del 26 novembre su “Voce di Popolo”, denigratoria nei miei confronti, legittimante della condotta dei suoi dipendenti, rivelatrice del suo interessamento alla vicenda».
E qui arriva l’accusa ai vertici di Messinaservizi:
«S’aggiunge come indizio di coinvolgimento ipotizzabile dei vertici dell’azienda la restituzione di una mia lettera raccomandata con ricevuta di ritorno del 25 novembre al direttore generale di Messinaservizi nella sede di Piazza Unione Europea, con la
richiesta di chiarimenti e spiegazioni».
Aggiunge ancora Ciraolo:
«Infine, se confronto la solerzia e la tempestività del comando di polizia municipale in occasione della notifica del 7 novembre con l’inerzia ostentata dallo stesso comando proprio nello svolgimento di una vicenda intenzionalmente pubblicizzata dalle mie quotidiane autodenunce, arrossisco di sincero pudore per l’eccessivo smarrimento procurato, deducibile dai comportamenti ambiguamente contraddittori, effetto di preoccupata sopravvalutazione, che mi imbarazza, di una mia pericolosità inconsapevole.
Per completezza riferisco che lo stesso giorno della prima consegna dei mastelli li ho restituiti, avvalendomi del diritto alla inviolabilità del domicilio, all’impiegato dell’ufficio sopraelevato dei depositi di via Salandra, proponendo tuttavia nello spirito
collaborativo della legge nazionale istitutiva del porta a porta di tenere un solo mastello, ma ottenendo la risposta ultimativa “di tutti o nessuno”, procedendo quindi, data l’ottusità burocratica, con il mio criterio di esposizione, indisturbato fino all’8
novembre».
E conclude:
«Essere giunti alla soluzione iniziale di un solo mastello dopo tre mesi di spuntati abusi in ossequio al genietto della prepotenza alitante sull’amministrazione, fa somigliare la nostra città a una signoria feudale. Sperimentato il valore degli attori di questa ridicola discordia dei mastelli, si fatica a sperare che l’esito umiliante li scuota dall’illusione anacronistica del potere absolutus dalla legge, senza una salutare terapia di democrazia».