“La Figlia di Iorio” è un appuntamento da non perdere per gli amanti del teatro che assisteranno ad una prova d’attore di grande sensibilità e potenza. Vincenzo Pirrotta ha la capacità di “trascendere” lo spettacolo incastonandone l’essenza in una drammaturgia epica e forte, una capacità che lo ascrive tra i grandi autori contemporanei.
“Si sentono i suoni di un organetto dissonanti però, quasi urla le note che si allargano lacerandosi, mentre la voce prorompe, nell’uso della tecnica della diatonalità, in ritmi sempre più incalzanti e sempre più vicini alla mostruosità – scrive nella sua nota Pirrotta –
Il canto si fa slabbrato, straziato, tormentato, dilaniato fino a far nascere la voce che, carica da quanto successo, comincia a raccontare l’Incanata contro Mila di Codra”.
È questo l’inizio della narrazione, un solo attore, aiutato da un musicista polistrumentista e che suonerà solo strumenti pastorali (zampogna, organetto, chalomou), si farà carico di far penetrare lo spettatore in un dramma senza tempo e che prende alle viscere, interpretando tutti i personaggi tramutandosi di volta in volta ora in Aligi ora in Mila, e in Lazaro, in Candia, ritornando alle tecniche di “Cuntu” nei momenti corali.
Un modo altro di vivere questo dramma pastorale cercando di conservare tutta la forza e il pathos del capolavoro che Gabriele D’annunzio ci ha consegnato.