di Palmira Mancuso – Da un lato le tradizioni popolari, con tanto di “scuola” istituita dall’amministrazione De Luca: dall’altro la totale ignoranza che ha portato non solo ad interrompere una secolare tradizione dello Stretto di Messina, ma anche a multare un 23enne usato come capro espiatorio per “educare” gli altri. Morale della favola: ieri lo Stretto era al buio.
Un San Giovanni da dimenticare questo del 2020: se a Genova e Torino i falò hanno avuto luogo, persino nella piazza come da tradizione, qui tra Sant’Agata, Ganzirri e Torre Faro i “bamparizzi” non sono stati accesi, con molta delusione per generazioni di messinesi legati ad un appuntamento secolare della cultura marinara della riviera nord.
A raccontare quanto accaduto ieri Macello Puglisi, Rsu ma soprattutto “nipote di Mastro Nino”, mitico costruttore di arpioni per i pescespada (la cui lega resta un segreto), che interpretando il sentimento di tanti (compreso chi vi scrive) ha preso la parola sui social con un post molto discusso.
“In via marina a Ganzirri è intervenuta una squadra interforze composta da Polizia Municipale e CARABINIERI per evitare che i ragazzi/bambini del borgo marinaro potessero accendere il falò di “San Giovanni”, incuranti del fatto che tale appuntamento fa parte delle secolari consuetudini del posto, per l’appunto tramandati da generazione in generazione.
Mi dicono che è stato identificato un ragazzo, rigorosamente disoccupato, e gli è stata inflitta una multa di 600 euro. Un vero successo di legalità..!”
In molti si sono associati all’appello, rivolto all’Amministrazione, perchè possa intervenire sulla multa ad un giovane che ha agito, come altri, seguendo una tradizione che nulla ha a che vedere col “falò di mezzagosto”, già vietato dal sindaco dall’anno del suo insediamento.
I “bamparizzi” raccontano una storia antica, tra paganesimo e fede, un ringraziamento a Giovanni Battista ma anche una sorta di ringraziamento e di rito propiziatorio per la stagione che arriva, la stagione delle pesca, del mare che diventa fonte di vita e ricchezza. Così lo Stretto si illumina di fuochi altissimi sulla sponda calabra da Villa San Giovanni a Cannitello, e nella sponda sicula, da Ganzirri a Torre Faro. Un tempo per tutta la notte si realizzavano e corcordavano i comparaggi e gli accordi matrimoniali, si scioglieva il piombo per leggerne le forme, si dicevano le novene per chiedere grazie particolari. Un’atmosfera di cui oggi resta solo un cumulo di legna, accatastata nelle spiagge, quasi sempre accumulata nel corso delle settimane tra resti di barche e vecchi mobili, tronchi restituiti dalle correnti dopo le sciroccate. Pire che quest’anno sono rimaste li: a segnare la mancanza di dialogo con i cittadini, l’incapacità di mediare tra le esigenze ambientali e le tradizioni.
Perchè piuttosto che vietare e multare, magari bastava responsabilizzare la gente del posto che avrebbe dovuto ripulire i resti dei falò (ad esempio raccogliendo i chiodi che spesso restano tra la cenere).
“Vi rammento che il nostro borgo sta subendo “traumi” assurdi – ci dice Puglisi – primo tra tutti l’aver sostituito la denominazione delle vie con nomi di tutto pregio, ma che nulla hanno a che fare con la storia marinara della zona Nord….!”
Già, si parla tanto di identità. Ma bisogna avere il coraggio e lo spessore politico di usare strumenti diversi per situazioni diverse, senza mutilare o peggio multare la storia che non ci piace.