ROMA IMPERAT, CARATTERE INTER. CONTE, QUELLA CHIOSA…

Una rondine non fa primavera, ma le cinque che svolazzano nei pressi di Trigoria rischiano di preannunciare un autunno alquanto rigido per le quattro sorelle inseguitrici. Fuor di metafora, la Roma capolista si conferma anche a Marassi contro la Samp e la quinta vittoria inanellata in altrettante partite disputate suona come una sirena sul campionato di serie A. Rudi Garcia fa bene a fare il pompiere, la Capitale è una piazza caldissima dagli umori spesso ondivaghi ed è giusto provare ad allentare la pressione ma, in questo primo scorcio di stagione, i numeri dei giallorossi sono davvero impressionanti. Un primato a punteggio pieno frutto di successi maturati sempre con due reti di scarto, miglior difesa, secondo miglior attacco, con 12 reti all’attivo nel bilancio di una cooperativa del gol che ha già mandato a segno ben nove elementi. Insomma, l’identikit é attendibile: le fattezze della grande squadra sono decisamente nitide. Ciò che stupisce ancor di più è l’evidenza dell’imprinting del tecnico transalpino, che può anche concedersi il lusso di cambiare tutto il tridente, Totti compreso, senza subire ripercussioni. La sua Roma dimostra di conoscere già a menadito lo spartito e gioca sorniona, con il piglio e l’autorevolezza di chi sa che, premendo sull’acceleratore al momento opportuno, può conseguire l’intera posta in palio senza grandi difficoltà. E se poi il granitico Benatia riesce anche a ricordare l’Alberto Tomba dei bei tempi, improvvisandosi slalomista goleador, beh, gli indizi risultano chiari, precisi e concordanti: in queste ore i book stanno vertiginosamente abbassando la quota tricolore per De Rossi e compagni, meglio cautelarsi.

Chiusa la lunga parentesi dedicata alla battistrada, passiamo adesso all’attesissimo posticipo, da poco conclusosi, che ha visto l’Inter imporsi in volata sulla Fiorentina. Dopo un primo tempo disputato su buoni ritmi, è successo tutto nella ripresa. Ospiti in vantaggio al quarto d’ora, grazie al rigore trasformato da Pepito Rossi e concesso in seguito all’atterramento dell’ottimo Joaquin. Dopo di che, i nerazzurri hanno tirato fuori il carattere, riuscendo a far pendere la bilancia dalla loro parte per effetto delle reti di Esteban Cambiasso e del brasiliano Jonathan, che a una decina di minuti dalla fine ha fatto venire giù San Siro. Pur non brillando come nel recente passato, gli uomini di Mazzarri hanno portato a casa il risultato contro una diretta concorrente per le zone altissime della graduatoria. Altra prova di maturità brillantemente superata da una squadra ritrovata e fortificata nella tempra, la piazza d’onore – seppur in coabitazione – è di nuovo realtà.

Arriviamo quindi alla clamorosa sorpresa di giornata – la quinta, disputata infrasettimanalmente – maturata al “San Paolo” di Napoli. Nel più classico dei testacoda, infatti, il Sassuolo – reduce dall’epica imbarcata rimediata proprio contro l’Inter – è riuscito ad imporre il pari tra le mura amiche alla corazzata di Benitez, non limitandosi a chiudere gli spazi ma, al contrario, sciorinando una prestazione sfrontata e sempre propositiva, figlia della consapevolezza di aver nulla da perdere. Alla saetta di Dzemaili ha fatto seguito, a stretto giro di posta, quella di Zaza (l’esplosività e l’accento nella pronuncia, che cade sulla prima “a”, lo differenziano dal mitico ispettore che dava la caccia a Lupin) e così, proprio sul terreno più ostico del momento, la matricola di Di Francesco ha conquistato il primo punto della sua storia nella massima serie.

Venendo adesso alla vittoria della Juventus nel secondo incrocio veronese consecutivo, che questa volta la vedeva opposta al Chievo, riavvolgiamo il nastro partendo dalla fine, ossia dall’encomiabile fair play dimostrato nel dopo partita dalla società clivense che, alla topica madornale del guardalinee Preti, anziché alzare i toni (a quello ci pensa già il popolino: gli errori a beneficio della Vecchia Signora fanno, sempre, più notizia) ha ritenuto opportuno rispondere con carezze e pacche sulle spalle. Un esempio, per tutti. Dall’altra parte della barricata, dopo aver chiaramente ammesso il gentile cadeau, Antonio Conte è invece apparso sin troppo sulla difensiva al punto da andare poi oltre, chiosando con quel “non è successo nulla di eclatante” che sinceramente poteva essere evitato, perché il gol annullato a Paloschi sull’1-1 era buono come una teglia di lasagne fatte in casa da una nonna emiliana. E sì, la svista è stata eclatante. Per quanto riguarda i restanti 89 minuti, va rimarcata la capacità da parte dei bianconeri di recuperare ancora una volta lo svantaggio, fino a coronare con l’alloro da tre punti la seconda rimonta nell’arco di tre giorni ai danni di una compagine scaligera. Ma lo snodo cruciale è proprio questo: la Juve esce gli artigli solo dopo aver aver beccato il primo scappellotto, era successo anche contro Inter e Copenaghen, con la differenza che in quei casi poi arrivò soltanto il pareggio. Da qui in avanti, verosimilmente il tecnico salentino lavorerà molto su questo aspetto.

Procedendo innanzi, la Lazio ha subito riscattato l’amarezza del derby superando all’”Olimpico” l’incerottato Catania fanalino di coda. Il bonus di mister Maran, che aveva fatto benissimo la scorsa stagione, rischia di esaurirsi a breve, anche se le colpe maggiori sembrano appannaggio della confusionaria società. Non decolla minimamente, invece, il Milan, che al “Dall’Ara” di Bologna riesce ad agguantare con il cuore un punticino che, tutt’al più, può rappresentare un brodino per il morale, di certo non per la classifica. Tre giorni fa vi avevamo raccontato del nuovo, prematuro, addio settembrino ad ogni recondita velleità da parte dei tifosi rossoneri più realisti. Rispetto a 72 ore fa nessuna buona nuova, al contrario le prime posizioni distano adesso due punti in più: – 10 dalla vetta, – 8 dalla Champions, un abisso dopo soli cinque turni. Oggi però Balotelli ha chiesto scusa, magari basterà una così spontanea intervista per riporre nel cassetto tutti i bollenti spiriti. Galliani lo spera, in pochi ci credono.

Prima vittoria dell’annata per il Parma di Donadoni che,  davanti al pubblico amico e trascinato dal protagonista che non ti aspetti – Marco Parolo – ha avuto la meglio sull’Atalanta con un rocambolesco 4-3. Si tira fuori dal guado anche l’Udinese: nel poco esaltante anticipo di martedì contro il Genoa, ai friulani è stato sufficiente l’autogol di Calaiò che la Lega ha poi attribuito all’eterno Totò Di Natale. In Livorno-Cagliari e Torino-Verona, infine, si è registrata la spartizione della posta in palio, due pareggi con gol all’esito di prestazioni comunque gradevoli.(JODY COLLETTI)

                                                                                                                                                                         

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