Secondo il Gip Salvatore Fanti, del tribunale di Viterbo, ad uccidere Attilio Manca, il giovane urologo barcellonese, fu un micidiale mix di eroina, tranquillanti e alcol e non la mafia, come hanno sempre sostenuto i suoi genitori, il cui legale aveva presentato ben 32 richieste di indagini suppletive, tutte respinte dal Gip. Tuttavia il gip ha negato l’archiviazione delle indagini chiesta per tre volte dal Procuratore Renzo Petroselli, disponendo l’archiviazione delle posizioni di quattro delle dieci persone iscritte a vario titolo nel registro degli indagati, e ordinando invece il proseguimento dell’inchiesta per altre sei, accusate di aver venduto l’eroina al medico.
Per chi non ricordasse il caso Manca, può essere utile il riassunto che appare nel sito web dedicato alla sua memoria, dove si legge: “È la storia di un luminare “suicidato” a Viterbo dopo essere stato usato per curare e accompagnare in Francia, nell’ottobre del 2003, il signor Gaspare Troia di anni 72, alias Bernardo Provenzano. Il solerte pm della procura di Viterbo, Renzo Petroselli, ha sempre negato e mai approfondito ogni ipotesi diversa dal suicidio. Per lui Attilio Manca era un consumatore di droga che ha mischiato troppe sostanze cercando una morte consolatrice. Lui che aveva proprio una vita di merda a 34 anni: ai vertici della medicina italiana, con in programma un periodo di volontariato in Bolivia con Medici senza frontiere e un sorriso permanente in viso. Il tipico profilo del suicida depresso”.
Il fratello di Attilio, Gianluca Manca, ha accolto positivamente la decisione del gip Fanti su suo fratello Attilio.
“Ci aspettavamo l’archiviazione definitiva – ha affermato Gianluca – e invece il gip ha voluto darci una nuova speranza. Due cose sono chiare: la vicenda giuridica di Attilio Manca non è stata archiviata. Per me è un successo…si va avanti…il resto…avremo tempo per dimostrarlo…”
La pista dell’omicidio colposo per assunzione di stupefacenti era un’ ipotesi che l’avvocato Fabio Repici, legale della famiglia aveva considerato, come possibilità di andare al dibattimento e portare le prove che dimostrerebbero che Attilio è una vittima della mafia.
Sugli ultimi esiti processuali del caso Manca è intervenuta anche Sonia Alfano : “Il fatto che l’inchiesta non sia stata archiviata – ha dichiarato – ci concede il diritto di sperare ancora che sia fatta giustizia, ma conferma anche la nostra opinione sull’operato davvero imperdonabilmente superficiale e omissivo del pubblico ministero responsabile delle indagini”.
“Adesso – prosegue Alfano – ci aspettiamo che la procura si assuma la responsabilità di accertare una volta per tutte la verità sulla morte di Attilio Manca”.
La notizia è stata anche commentata da Giuseppe Anelli Responsabile Provinciale di Agende Rosse, tra i movimenti di opinione che continua a mantenere l’attenzione sulla misteriosa morte dell’urologo. “L’aspetto che a noi preme di più sottolineare, innanzitutto, è che ancora una volta (in quasi otto anni di distanza dalla morte del giovane urologo barcellonese nella nostra città) l’incertezza resta evidente ed assordante – ha ribadito Anelli. – Con la decisione del dr. Fanti, viene sottolineato l’aspetto centrale dell’intera vicenda: Attilio Manca non si è suicidato. Non proprio un dettaglio, anzi. La certificazione lampante di quanto sia indispensabile approfondire le indagini, per dare finalmente risposte ad una famiglia e ad una vasta schiera di opinione pubblica che si è fatta amica di Angela, Gino e Gianluca.”
Sul caso Manca è stato pubblicato anche un libro-inchiesta, “L’enigma di Attilio Manca – Verità e giustizia nell’isola di Cosa Nostra”, di Joan Queralt e un documentario, “In vena veritas – Morte di un urologo barcellonese”, di Giuseppe Lo Bianco e Silvia Bellotti.
Vi proponiamo il video registrato nel corso della presentazione del libro a Palermo, lo scorso 3 dicembre, in cui Gianluca (fratello dell’urologo ucciso a Viterbo e avvocato) mette in evidenza l’anomalia dell’atto di citazione in giudizio nei confronti della casa editrice terrelibere.org