di Fra Pè – La ripartenza nei piccoli centri dopo questo lungo periodo di quarantena non sarà facile, ci vorranno oltre gli aiuti economici anche tanta forza di volontà e creatività, requisito che a quanto pare non manca a qualche giovane di San Fratello.
Entrando nell’antica Farmacia del borgo nebroideo, ho notato delle confezioni contenenti delle tisane confezionate dalle giovani farmaciste Alda Sidoti, Maria Teresa Oriti e Rosa Manasseri che lavorano nella Farmacia che fu del nonno il Dott. Lo Balbo. Fin qui nulla di particolare, ciò che mi ha colpito, stupito e compiaciuto è stato che nella confezione la tisana è indicata nell’antica parlata gallo-italica, idioma riconosciuto ufficialmente dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità, che ancora oggi a San Fratello viene parlata e da qualcuno scritta.
“Siamo tre farmaciste di terza generazione, nate e cresciute in farmacia. Da generazioni si tramanda la passione per la galenica. Per dare un tocco diverso alle nostre preparazioni abbiamo pensato di dare il nome in lingua sanfratellana ad alcune tisane, ponendo attenzione e rilevanza alla nostra bellissima lingua gallo italica” afferma la Dottoressa Sidoti.
Tisane preparate dalle tre cugine farmaciste per diverse circostanze descritte simpaticamente nella lingua sanfratellana: “fuomam na bifta”, facciamo merenda, “mangiuma e buvuoma” mangiamo e beviamo oppure “dauza tunturia” dolce ozio e ancora “plasgiar d la cunculina” piacere del focolare e tante ancora con nomi bizzarri che fanno pregustare la storia di un antico popolo.
Se le giovani dottoresse si sono lasciate guidare dalla musa ispiratrice non di meno lo è stato Daniele Maggiore, che dopo il diploma non riuscendo a trovare una sistemazione lavorativa aiuta nella pasticceria del papà Bettino. Daniele appassionato dell’arte del pizzaiolo napoletano, ha appreso grazie alle indicazioni del padre a fare la pizza come insegnano appunto i napoletani. Per stimolare i clienti a comprare il suo prodotto, ha messo ad ogni pizza un aggettivo o un nome sanfratellano: non c’è la margherita o la quattro stagioni o le pizze da noi comunemente conosciute, ma a San Fratello se vuoi una pizza ordini la “Moma Maia” mamma mia, o se vuoi una pizza che ti riempie la casa con il suo profumo pigli una “Sciarausa” cioè odorosa. Poi c’è la “Camuriausa” o “Raca Fart” in onore della Roccaforte simbolo del centro nebroideo, oppure una “Bunanziausa o na “Vrura” e infine la pizza classica sanfratellana che facevano le nonne quando preparavano la pasta per il pane, che Daniele ha chiamato “la sanfrardeuna”. E’ premura del giovane pizzaiolo coadiuvato da i suoi cugini Salvatore e Luca fare arrivare dal cliente la pizza “gallo italica“.
“E’ nato tutto per gioco,- afferma Daniele con timidezza e con un bel sorriso- poi confrontandomi come faccio sempre con mio papà, mi sono messo a studiare i termini in sanfratellano più appropriati per dare il nome alle mie pizze grazie soprattutto ad una pubblicazione in lingua sanfratellana dell’Insegnante Antonino Scavone, “Pn’m scurder u sanfrardèan” per non dimenticarmi il sanfratellano. La gente è contenta di trovare scritto nella propria lingua parlata da secoli ciò che deve comprare”
Ripartire iniziando dalle proprie radici, “sfruttando” quello che il luogo offre. San Fratello oltre la lingua ha tantissime risorse: il cavallo sanfratellano, il suino dei nebrodi, il bosco, le tradizioni la cucina, la pasticceria, i formaggi…
Iniziare ad imitare Daniele, Alda, Maria Teresa e Rosa nel ripartire dalle risorse della propria terra, potrebbe essere un nuovo e bell’inizio.
Serve ancora una volta l’esortazione del Sindaco Dott. Salvatore Sidoti che ricordando l’anniversario della frana che colpì San Fratello nel 2010 disse: “Antucc ghij la puoluma fer” Insieme ce la possiamo fare…anche questa volta.