Morto di Covid19 a Pavia, nel reparto dove lavorò tutta la vita: addio al messinese Emmi

La città di Pavia gli dedica diverse pagine sui giornali locali. Il prof Vincenzo  Emmi, originario di Letojanni, è stato un maestro per molti medici oggi impegnati in prima linea nel combattere il Covid19 che ha stroncato anche la vita dell’infettivologo.

“Se nè andato dopo dieci giorni in un letto di Rianimazione – si legge su La Provincia Pavese –  proprio nel reparto in cui aveva lavorato per una vita. Vincenzo Emmi, 73 anni, professore rianimatore e infettivologo del San Matteo, in pensione da tre anni, aveva capito di avere di fronte un nemico potente. Il Covid-19 non lo conosceva, come il resto del pianeta, ma sapeva di poterne essere sopraffatto. Per questo, appunto dieci giorni fa, da casa sua, dove già accusava i sintomi, ha chiamato i suoi ex colleghi di Rianimazione: «Sto male – ha detto –. Vengo da voi». Dall’altro capo del telefono c’era il professor Giorgio Iotti, attuale primario di Rianimazione al San Matteo. «Pensava di farcela – spiega a voce bassa –, ma si è reso conto della gravità della situazione. E si è messo nelle nostre mani». Sabato se n’è andato.

Arrivava da Messina Vincenzo Emmi. Aveva studiato Medicina a Perugia iniziando la sua esperienza di anestesia e rianimazione a Vittorio Veneto, per poi unirsi al gruppetto dei primi rianimatori del San Matteo di Pavia guidato dal professor Diego Carbonera: Adriano Gasperi, Paolo Tosi, Matteo Fischetti, Franco Bobbio Pallavicini e Antonio Braschi. Qualche anno dopo al gruppo “Rianimazione 1” si sarebbero aggiunti Nando Raimondi, Giorgio Iotti e Gianni Negri.

«Emmi è stato il primo degli intensivisti pavesi a dedicarsi ai problemi infettivologici in Rianimazione, dopo essersi formato in uno stage a Parigi all’Hopital Bichat nei primi anni ’80 – racconta Iotti –. Era un rianimatore con un grande senso clinico e una cultura medica e intensivistica profonda e a largo raggio».

In Cardiochirurgia

Una persona molto colta, un insegnante appassionato dicono i colleghi, che l’hanno avuto come maestro. Emmi era uno sperimentatore, che imitare era facile. «Nei primi anni del nuovo millennio aveva aperto un nuovo capitolo della sua vita professionale: l’anestesia e rianimazione cardiochirurgica – raccontano i medici del reparto –. Forte delle esperienze fatte a Pavia nel gruppo degli anestesisti-rianimatori all’inseguimento delle continue sfide di Mario Viganò, si era trasferito all’Università di Messina come professore associato di Anestesiologia nell’ambito di un rinnovamento della cardiochirurgia locale, insieme al cardiochirurgo Roberto Gaeta, anch’egli da Pavia. Il progetto purtroppo non andò mai in porto (la stampa parlò di “reparto che non c’è e professori in panchina”) e così il professore Emmi tornò al San Matteo, dove rimase fino alla pensione a guidare il gruppo della Rianimazione 1 e ad assistere il professor Braschi come docente della scuola di specializzazione in anestesia e rianimazione dell’Università di Pavia».

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