Mons. Lorefice: “primeggiare nel proclamare ‘prima gli ultimi’, andare incontro all’altro”

“Avvento è il tempo che dilata e dà luce agli occhi del cuore. Che ci fa riconoscere nella vicenda della porta accanto, quella che si consuma nelle nostre famiglie, nei quartieri delle nostre città, lungo le strade del villaggio-mondo un rinnovato avvento”. Lo scrive l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nel suo messaggio per l’Avvento rivolto alla diocesi. Domani sera, alle 21, il presule presiederà una veglia diocesana in cattedrale. “L’Avvento sprona alla conversione missionaria l’amata Chiesa palermitana – aggiunge -. ‘Primeggiamo’ nel riconoscere la venuta del Signore negli scarti di questa società e nel proclamare: ‘prima gli ultimi’”.

L’arcivescovo sottolinea che “ci vogliono comunità cristiane che ricordano a tutti: ‘prima gli ultimi’, perché hanno realmente conosciuto Colui che ‘ci ha amati per primo’”. Auspica “comunità che attendono l’avvento definitivo di Cristo Signore, riconoscendo la sua continua venuta nella carne degli ultimi, dei precari, dei disorientati nella mente e nello spirito, dei perseguitati, dei rifugiati, dei carcerati, degli ammalati, dei profughi, dei dimenticati”.

A suo avviso, “dovremmo gareggiare a essere primi nel riconoscere l’altro”. “Per primi, per primo, mettere l’altro sempre prima. Oggi l’Occidente sta fallendo su questo – evidenzia il presule -. Abbiamo acquisito il concetto di persona e di libertà, ma rischiamo di tradire questi stessi alti e fondamentali valori umani perché stiamo offuscando quello di responsabilità, di cura dell’altro. Sempre per primi, non per ‘primati umani’ ma per andare incontro all’altro. Prima sempre l’altro, gareggiamo nel ‘primeggiare’, nel prendere l’iniziativa”.

A questa prospettiva mons. Lorefice contrappone quella di “chi o quanti vogliono primeggiare per spirito di autoreferenzialità e di predazione, di concorrenza e di brama di potere, per paura del diverso e per mettersi al sicuro”, persone che “contribuiscono a un mondo di infelicità e di tristezza, di scarti umani e di morte, di indifferenza e sospetto, di muri e di odi, di violenza e di sfruttamento”. (Ag. Sir)

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